Olivo - Olea europaea L.
Atlante delle coltivazioni arboree - Alberi da frutto

Generalità

La zona di origine dell'Olivo (Olea europaea L. si ritiene sia quella sud caucasica (12.000 a.C.) sebbene molti la considerino una pianta prettamente mediterranea. Questa, infatti, si è ambientata molto bene nel bacino mediterraneo soprattutto nella fascia dell'arancio dove appunto la coltura principe è quella degli agrumi associata in ogni modo a quella dell'olivo: in questa fascia sono compresi paesi come l'Italia, il sud della Spagna e della Francia, la Grecia e alcuni Paesi mediorientali che si affacciano sul Mediterraneo orientale.
L'olivo coltivato appartiene alla vasta famiglia delle oleaceae che comprende ben 30 generi (fra i quali ricordiamo il Ligustrum, il Syringa e il Fraxinus); la specie è suddivisa in due sottospecie, l'olivo coltivato (Olea europaea sativa) e l'oleastro (Olea europaea oleaster).

Oliveto in Toscana Oliveto in Toscana (foto www.agraria.org)

Caratteri botanici

L'olivo è una pianta assai longeva che può facilmente raggiungere alcune centinaia d'anni: questa sua caratteristica è da imputarsi soprattutto al fatto che riesca a rigenerare completamente o in buona parte l'apparato epigeo e ipogeo che siano danneggiati. L'olivo è inoltre una pianta sempreverde, ovvero la sua fase vegetativa è pressoché continua durante tutto l'anno, con solo un leggero calo nel periodo invernale. Inizio la descrizione dalla zona epigea fino a giungere a quella ipogea.
L'olivo è una specie tipicamente basitone, cioè che assume senza intervento antropico la forma tipicamente conica.
Le gemme sono prevalentemente di tipo ascellare: da notare che in piante molto vigorose oltre che alle gemme a fiore (producono frutti con i soli primordi di organi produttivi) e a legno si possono ritrovare anche gemme miste (che producono sia fiori che foglie e rami).
I fiori sono ermafroditi, piccoli, bianchi e privi di profumo, costituiti da calice (4 sepali) e corolla (gamopetala a 4 petali bianchi). I fiori sono raggruppati in mignole (10-15 fiori ciascuna) che si formano da gemme miste presenti su rami dell'anno precedente o su quelli di quel annata. La mignolatura è scalata ed inizia in maniera abbastanza precoce nella parte esposta a sud. L'impollinazione è anemofila ovvero ottenuta grazie al trasporto di polline del vento e non per mezzo di insetti pronubi (impollinazione entomofila).
Le foglie sono di forma lanceolata, disposte in verticilli ortogonali fra di loro, coriacee. Sono di colore verde glauco e glabre sulla pagina superiore mentre presentano peli stellati su quella inferiore che le conferiscono il tipico colore argentato e la preservano a loro volta da eccessiva traspirazione durante le calde estati mediterranee.
Il frutto è una drupa ovale ed importante è che è l'unico frutto dal quale si estrae un olio (gli altri oli si estraggono con procedimenti chimici o fisici da semi). Solitamente di forma ovoidale può pesare da 2-3 gr per le cultivar da olio fino a 4-5 gr nelle cultivar da tavola. La buccia, o esocarpo, varia il suo colore dal verde al violaceo a differenza delle diverse cultivar. La polpa, o mesocarpo, è carnosa e contiene il 25-30 % di olio, raccolto all'interno delle sue cellule sottoforma di piccole goccioline. Il seme è contenuto in un endocarpo legnoso, anche questo ovoidale, ruvido e di colore marrone: è facile trovare noccioli sprovvisti di embrione, soprattutto nelle cultivar Montalcino e Rossellino, che determina un deprezzamento del prodotto.
Il tronco è contorto, la corteccia è grigia e liscia ma tende a sgretolarsi con l'età; il legno è di tessitura fine, di colore giallo-bruno, molto profumato (di olio appunto), duro ed utilizzato per la fabbricazione di mobili di pregio in legno massello. Caratteristiche del tronco, sin dalla forma giovanile, è la formazione di iperplasie (ovuli, mamelloni, puppole) nella zona del colletto appena sotto la superficie del terreno; simili strutture si possono ritrovare inoltre sulla branche: comunque queste formazioni sono date non da fattori di tipo parassitario ma da squilibri ormonali e da eventi di tipo microclimatico.
Le radici sono prevalentemente di tipo fittonante nei primi 3 anni di età, dal 4° anno in poi si trasformano quasi completamente in radici di tipo avventizio, superficiali e che garantiscono alla pianta un'ottima vigorosità anche su terreni rocciosi dove lo strato di terreno che contiene sostanze nutrienti è limitato a poche decine di centimetri.

Fiori	di Olivo Mignola Fiori di Olivo (foto Francesco Sodi)

Stadi fenologici - Alternanza di produzione

Importanti da individuare nell'olivo sono gli stadi fenologici e l'alternanza di produzione.
Gli stadi fenologici che l'olivo deve seguire sono:
1. stadio invernale durante il quale le gemme sono ferme
2. risveglio vegetativo delle gemme
3. formazione delle mignole con il fiore non ancora sviluppato ma presenta i bottoni fiorali
4. aumento di volume dei bottoni
5. differenziazione della corolla dal calice
6. fioritura vera e propria con apertura dei fiori (corolle bianche)
7. caduta dei petali (corolle imbrunite)
8. momento dell'allegagione e comparsa dei frutti dal calice
9. ingrossamento del frutto
10. invaiatura e indurimento del nocciolo
11. maturazione del frutto

L'alternanza di produzione è un aspetto del quale si deve tener molto in considerazione in olivicoltura perché i suoi effetti si ripercuotono sia sul prezzo che sulla qualità del prodotto finito (sia olive da olio sia da tavola).
Le cause a cui si può ricondurre tale evento sono un mix di condizioni climatiche, attacchi parassitari, potatura e concimazioni sbagliate, eccessivo ritardo nella raccolta dei frutti e non meno importante la predisposizione della cultivar stessa. Per ovviare a tale evento si deve operare in modo tempestivo e continuato nel tempo con i seguenti accorgimenti:
1. distribuzione regolare della produzione sulla pianta con interventi di potatura straordinari (incisione anulare);
2. pratica di irrigazione e concimazione continua durante tutto l'anno;
3. effettuando una regolare lotta antiparassitaria, soprattutto contro la mosca dell'olivo;
4. anticipando il più possibile l'epoca di raccolta.

Portinnesti e varietà

Come portinnesti possono essere utilizzati gli oleastri (da olivo selvatico, usati un tempo) e gli olivastri (provenienti da cultivar rustiche e vigorose, oggi gli unici soggetti utilizzati). Questi ultimi, ottenuti da semi di piante coltivate, come tutti i franchi presentano un'ampia disomogeneita' di sviluppo, maggiormente accentuata nell'olivo per il fatto che numerose varieta' sono autosterili. Da cio' si desume che individuare una popolazione di semenzali in grado di essere uniforme e di controllare alcuni caratteri risulta alquanto difficile. Accanto all'Olea europaea un certo successo si e' ottenuto ricorrendo all'Olea oblonga, specie resistente al Verticillium dahliae, patogeno molto diffuso al sud. Le ricerche di nuovi portinnesti sono state indirizzate anche verso altre specie del genere Oleae verso generi affini.
Per quanto riguarda le cultivar, il parametro che viene maggiormente utilizzato nella classificazione delle cultivar di olivo e' quello che le suddivide in relazione alla destinazione del frutto; in base a cio' si distinguono, tra le tante:
- cultivar da olio: Bosana, Canino, Carboncella, Casaliva, Coratina, Dolce Agogia, Frantoio, Leccino, Moraiolo, Pendolino (cultivar toscana diffusa come impollinatrice di Frantoio, Leccino, Moraiolo, Ascolana Tenera), Rosciola, Taggiasca, ecc.;
- cultivar da mensa: Ascolana Tenera, Oliva di Cerignola, Sant'Agostino;
- cultivar a duplice attitudine: Carolea, Itrana, Tonda Iblea.

Impianto

Prima di mettere a dimora le piantine d'olivo e dopo aver scelto il luogo dove si dovrà procedere all'impianto si devono eseguire le seguenti operazioni:

1) livellamento e, se necessario, spietramento;

2) lavorazione profonda del terreno con aratro ripuntatore (ripper) per dissodare il terreno in profondità;

3) continuare poi con una concimazione a base di letame (300-400 q.li/ha) e una fosfo-potassica (150-200 kg/ha);

4) messa in opera di una rete di scolo (fossi e dreni);

5) tracciamento dei sesti e messa dei tutori (picchetti in legno) delle future piantine;

6) eventuale potatura di trapianto delle piantine.

Il periodo consigliato è l'inizio della primavera, precedendo la ripresa vegetativa (nelle zone ad inverno mite è consigliabile la messa a dimora in autunno). Le piante che abbiamo sistemato in campo dovranno essere allevate con particolari forme e sesti d'impianto: al centro Italia si preferisce il sesto 5x6 o 6x6 mentre al sud è più largamente usato il sesto 7x6 o 7x7. Negli ultimi anni si sta sperimentando il sesto dinamico cioè un oliveto dove le piante hanno sesto 6x3 fino al 12° anno, dal 13° in poi una fila ogni due viene spiantata così da ottenere ben due impianti 6x6.

Forme d'allevamento

Le forme di allevamento cambiano da zona a zona, da varietà a varietà ma, soprattutto, in funzione del tipo di raccolta da praticare. Non si deve dimenticare, comunque, che l'olivo è una pianta mediterranea: come tale essa ha bisogno di molta luce e aria e ha bisogno della maggior massa di foglie per dare buoni risultati produttivi, che produce su rami di un anno compiuto, da rinnovare annualmente, evitando, allo stesso tempo, gli ombreggiamenti che hanno effetti sensibili e negativi sui risultati produttivi ed economici della coltura.
La forma a vaso è la più diffusa tra i sistemi di allevamento dell'olivo. Dal fusto, una volta reciso a una determinata altezza, si fanno partire esternamente delle branche (in modo diverso) che daranno alla chioma la forma di cono, o di cilindro, oppure conico-cilindrica, o tronco-conica. E un sistema che permette un buon arieggiamento della chioma evitando l'eccessivo infittimento della vegetazione. Il vaso policonico, con le branche impalcate a 1-2 m da terra, permette le lavorazioni e la crescita sottochioma delle specie erbacee. Contemporaneamente consente alle piante di fruttificare molto in alto, rendendo difficili e costose le operazioni di potatura e raccolta. Quando le piante hanno raggiunto la maturità sono necessarie le scale, perciò, si stanno diffondendo altre forme di allevamento. La forma libera o a cespuglio, si ottiene senza effettuare nessun intervento di potatura alla pianta nei primi 8-10 anni, fatto salvo l'eventuale diradamento dei rametti alla base per i primi 40-50 cm, da effettuarsi subito dopo il trapianto o alla fine del primo anno. In seguito allo sviluppo dell'olivo, si ottiene un cespuglio globoide con varie cime e contenuto in altezza, simile alla forma naturale. Dal 10° anno in poi si prevedono interventi di potatura più o meno drastici che possono andare da un abbassamento delle cime, con contemporaneo sfoltimento della chioma, a una stroncatura turnata di tutte le piante dell'appezzamento. Nel globo, forma molto simile al cespuglio, il fusto è stato reciso a una determinata altezza e le branche si sviluppano da tale piano senza un ordine prestabilito per raggiungere, con le ramificazioni, altezze diverse; nel complesso la chioma dell'olivo prende una forma globosa.
Quando le ramificazioni non scendono molto lateralmente, ma si estendono soltanto nella parte superiore, come quelle del pino da pinoli, si ha l'ombrello. Tra le forme di allevamento basse ricordiamo: la palmetta libera, il vaso cespugliato, il cespuglio allargato lungo il filare (ellittico) o espanso (circolare), monocono o a cordone, a siepone. Queste forme tendono a realizzare una massa continua di vegetazione lungo il filare alta fino a 4 m. Il vaso cespugliato presenta 3-4 branche principali .che si dipartono dal suolo e possono derivare da gruppi di 3-4 piantine. Il monocono è una forma a tutta cima, molto simile al fusetto utilizzato in frutticoltura, di semplice manualità nella potatura. Per l'impostazione di questa forma di allevamento si consigliano potature estive di formazione nei primi due anni allo scopo di eliminare le ramificazioni basali del tronco nei primi 80-90 cm, guidare la cima al tutore e sopprimere eventuali ramificazioni laterali assurgenti che possono entrare in concorrenza con l'unica cima. I rami legnosi saranno intervallati tra loro di 50-60 cm in modo da conferire alla pianta, a struttura ultimata, la forma di un cono col vertice rivolto verso l'alto. E' la forma di allevamento più adatta alla raccolta meccanica per vibrazione del tronco, ma la fruttificazione non è sempre regolare. Le forme di allevamento libere sono più adatte per quelle aziende che dispongono di poca manodopera per le operazioni di potatura e raccolta.

Pratiche colturali

Per garantire una buona produzione si deve attuare un'ottima potatura di produzione tenendo a mente poche ma fondamentali regole:

1) manutenzione di un giusto equilibrio tra vegetazione e fruttificazione;

2) l'olivo produce su rametti dell'anno lunghi da 25 a 50 cm;

3) una produzione eccessiva durante un anno determina un esaurimento delle sostanze nutritive a disposizione della pianta, favorendo l'alternanza di produzione;

4) la competizione ormonale fra frutti della stessa pianta e della stessa branca è il principale fattore che induce la cascola pre-raccolta.

Ci sono altre due pratiche colturali, anche se meno importanti, che si stanno diffondendo ultimamente: l'irrigazione e la concimazione. Di entrambe l'olivo non avrebbe un reale bisogno perché è una pianta molto rustica ma che, per aumentarne la produzione, si sono rilevate abbastanza efficaci.
L'irrigazione è importante soprattutto nei primi anni d'impianto e nel periodo estivo. Se la pianta andasse in carenza idrica durante l'estate e la primavera si incorrerebbe in aperture anomale dei fiori e conseguente aborto dell'ovario, in una ridotta dimensione dei frutti e poca polpa rispetto all'intero frutto che darebbe meno olio. Per ovviare a tale problema si interviene con l'istituzione in campo di sistemi di irrigazione gravitazionali tradizionali oppure a microportata (spruzzo e goccia).
La concimazione è importante, come già detto, al momento dell'impianto ma anche nel momento della piena produzione se si vogliono ottenere indici di conversione molto elevati. Ci sono degli elementi che rivestono un ruolo fondamentale nella nutrizione di queste piante e sono: Bo e Mg (assieme al ferro servono per la nutrizione minerale della pianta), Ca, K (favorisce la sintesi di amido, regola l'accumulo idrico ed aumenta la resistenza alle avversità ambientali), P (regola l'accrescimento e la fruttificazione) e K (regola il vigore della pianta e regola il suo equilibrio vegeto-produttivo).

Raccolta

Per le olive non esiste un'epoca di raccolta ben precisa. Le olive si dividono, a seconda della maturazione dei frutti, in: a maturazione scalare, a maturazione contemporanea.
Inoltre a differenza della loro precocità si suddividono in: precoci (Leccino, Rosciola e Moraiolo), medio-precoci (Cardoncella) e tardive (Frantoio).
Per le olive da olio si decide di effettuarla (solitamente dalla metà di Ottobre a tutto il mese di Dicembre) quando i frutti sono giunti a maturazione: il che si deduce dall'invaiatura del esocarpo (tipica e differente tra cultivar e cultivar); nelle olive da tavola la brucatura si può attuare sia prima che dopo l'invaiatura (a seconda delle lavorazioni che dovranno subire).
Importante, soprattutto per le olive da olio, è stimare bene il momento della loro raccolta tenendo a mente alcuni considerazioni:
- la cascola pre-raccolta causa delle perdite significative sulla futura produzione di olio; il prodotto ottenuto comunque da olive cascolate è di qualità scadente: nelle cultivar soggette a tale fenomeno è bene anticipare la raccolta;
- anticipando la raccolta si evitano sia danni da eventi atmosferici che da attacchi parassitari;
- le olive raccolte precocemente, con maturazione comunque già conclusa, hanno sia sapore più gradevole sia acidità più bassa sia resa di olio migliore;
- la prolungata permanenza dalle olive già mature sulla pianta porta le nuove gemme a non differenziarsi, favorendo così l'alternanza di produzione.
La raccolta delle olive si può effettuare sia manualmente sia meccanicamente. Quella manuale si divide in tre tipi diversi;
- brucatura: i frutti sono asportati grazie al solo ausilio delle mani e si depositano in ceste o canestri. Si arriva a 5-10 kg/h di olive da olio fino a 10-20 kg/h per quelle da tavola;
- pettinatura: le drupe vengono 'pettinate' o 'strisciate' con attrezzi detti pettini, mansalva e manrapida, e fatte cadere su teli o reti poste sotto gli alberi. La resa si aggira attorno a 15-25 kg/h per entrambe le categorie.
- raccattatura: praticata soprattutto in Liguria, Puglia e Sicilia e consiste nel raccogliere l'oliva quando questa è caduta naturalmente senza dover far intervenire manodopera come per i casi precedenti.
Invece quella meccanizzata si attua con i seguenti tipi di macchina:
- ganci o pettini oscillanti che, azionati da compressori e portati all'estremità di aste, permettono di raddoppiare la resa oraria;
- scuotitori da applicare alle branchie o direttamente al tronco. Ci sono in commercio macchinari scuoti-raccoglitrici che abbinano l'apparato scuotitore a quello di intercettazione del prodotto.

Avversità biologiche

Le principali avversità biologiche sono date sia da agenti di danno (insetti) che da agenti di malattia (funghi o batteri). Quelle causate da agenti di malattia sono principalmente tre:
Cicloconio o occhio di pavone: (Cycloconium oleaginum) questa è una tra le più importanti e dannose malattie di origine fungina che attaccano l'olivo: di fatto colpisce soprattutto le foglie ma non risparmia ne i rametti ne i frutti. Sulle foglie si manifesta con macchie rotondeggianti di 10 mm costituite da cerchi concentrici policromatici (dal giallo al brunastro) che disegnano l'occhio di pavone e causano effetti di filloptosi sulle piante colpite; sui frutti i sintomi sono più occasionali e meno pericolosi e si manifestano come piccole macchioline nere infossate e puntiformi; i rametti sono attaccati solo sulla parte erbacea e i sintomi si manifestano simili a quelli delle foglie. La lotta è di tipo chimico, sia guidata sia integrata: prevede un campionamento delle foglie per determinare la soglia d'intervento (30-40 % delle foglie raccolte): se la soglia viene raggiunta o superata si interviene con un trattamento a Febbraio-Marzo e uno a Ottobre a base di rameici (Poltiglia bordolese, Idrossidi di rame) o ditiocarbammati (Zineb o Ziram).

Lebbra delle olive: (Gleosporium olivarum) la malattia si manifesta soprattutto nel periodo autunnale quando iniziano le piogge. Questa colpisce i frutti in via di maturazione e si formano delle macchie estese, rotondeggianti, raggrinzite, bruno nerastre, con pustole gessose o cerose di colore marrone o rosato. Le olive colpite cadono in terra o, comunque, forniscono un olio di scadente qualità (rossastro, torbido e acido). La malattia può colpire anche i giovani rametti e le foglie sulle quali si formano macchie giallastre che in un secondo momento virano al marrone: le foglie colpite disseccano e cadono. La lotta che possiamo effettuare è di tipo preventivo, sia agronomico sia chimico. La lotta chimica si attua in autunno con trattamenti a base di prodotti rameici (Idrossidi di rame o Poltiglia bordolese) o con Clortalonil; quella agronomica si mette in opera fornendo l'impianto di un buon sistema di drenaggio per allontanare le acque in eccesso oppure sfoltendo la chioma al fine di evitare la formazione di un microclima umido, che favorirebbe il patogeno.

Rogna dell'olivo: (Pseudomonas savastanoi) è una delle principali batteriosi conosciute e attacca i rami, le foglie, le radici sulle quali il danno è più rilevante che sulle altre parti della pianta, il tronco e i frutti su i quali si manifestano o delle deformazioni o delle maculature ; si presenta con tubercoli screpolati, duri e bruni causati da aperture prodotte da avversità, infezioni oppure da traumi. L'elevata piovosità primaverile accompagnata da temperature miti favoriscono l'attività del patogeno. I danni sono dovuti alla sottrazione di materiali plastici con conseguente diminuzione della loro produzione anche del 30%. A conseguenza di tale attacco si è rilevato anche un certo peggioramento qualitativo delle olive e dell'olio. La lotta contro la Rogna dell'olivo è di tipo preventivo unicamente agronomico e si avvale delle seguenti precauzioni: potatura di rimonda e distruzione dei rami infetti, non si raccoglie il prodotto tramite abbacchiatura, protezione e disinfezione delle ferite, lotta alla Dacus oleae che è vettore di tale batteriosi è pratiche dendrochirurgiche.

Xylella fastidiosa (agente del Complesso del disseccamento rapido dell'olivo - CoDiRO): Nell’estate del 2013 sono stati segnalati in alcuni oliveti pugliesi diversi casi di disseccamento di piante di olivo coltivate in una zona a sud di Gallipoli nella Provincia di Lecce.
Le piante colpite presentavano la seguente sintomatologia:
- disseccamenti estesi della chioma che interessavano rami isolati, intere branche e/o l’intera pianta;
- imbrunimenti interni del legno a diversi livelli dei rami più giovani, delle branche e del fusto;
- foglie parzialmente disseccate nella parte apicale e/o marginale.
In seguito alle indagini svolte dal Servizio Fitosanitario della Puglia con il supporto dell’Università degli Studi di Bari e del CNR, nell’area colpita sono stati individuati diversi agenti parassitari che associati costituiscono il cosiddetto “Complesso del disseccamento rapido dell’olivo”; essi sono: il batterio fitopatogeno da quarantena Xylella fastidiosa,; il lepidottero Zeuzera pyrina o Rodilegno giallo ed alcuni miceti lignicoli vascolari (Phaeoacremonium parasiticum, P. rubrigenun, P. aleophilum, P. alvesii e Phaemoniella spp.) noti per causare disseccamenti di parti legnose di piante arboree e di vite.
Xylella fastidiosa è un batterio incluso nella lista degli organismi nocivi di quarantena dell’Unione europea (allegato I AI della Direttiva del Consiglio 2000/29/CE) che è stato riscontrato per la prima volta sul territorio comunitario.
Considerato il rischio della sua diffusione a causa della sua pericolosità nei confronti di numerose specie vegetali coltivate e spontanee, questo ha innescato una serie di azioni comunitarie, nazionali e regionali atte ad eradicare il focolaio pugliese e a contenerne la diffusione sul territorio nazionale. Vai alla scheda >>>

Le principali malattie causate da agenti di danno sono cinque ovvero:
Mosca dell'olivo (Dacus oleae)
La larva della Mosca dell'olivo misura circa 8 mm, è apoda, ha apparato masticatore costituito da due mandibole nere ben visibili ad occhio nudo, è di colore giallognolo ed è più sottile verso l'estremità cefalica. L'insetto adulto somiglia ad una mosca di piccole dimensioni (4-5 mm) con un apertura alare di 10-12 mm., presenta capo fulvo con occhi verdastri, corpo.
Il corpo è di colore grigio ed ali trasparenti con due piccole macchie scure alle estremità. L'alimentazione di questo dittero differisce a seconda dello stadio in cui si trova: da larva si nutre della polpa dei frutti entro i quali scava gallerie (i frutti così danneggiati sono sede di marciumi e conseguente cascola a causa dell'instaurarsi di colonie di microrganismi); da adulto si nutre con i succhi che fuoriescono dalla puntura di ovideposizione, con materiali zuccherini o proteici che estraggono dalle diverse parti verdi dell'olivo tramite il suo apparato boccale tipicamente pungente-succhiante. La Mosca dell'olivo è uno tra i principali vettori della Rogna dell'olivo. La lotta è sia di tipo chimico e, negli ultimi anni, si stanno sperimentando metodi di lotta biologica svolte con l'intervento di entomofagi. Ricordiamo che la Dacus oleae risente molto dell'alternanza di temperatura (fattore limitante): infatti l'attività di volo inizia quando la temperatura supera i 14-18 °C e si arresta allorquando questa supera i 31-33 °C; inoltre il susseguirsi di giornate estive caratterizzate da alte temperature (maggiori di 30°C), bassa umidità ed assenza di pioggia causano un'elevata mortalità delle uova e delle larve presenti all'interno dei frutti, l'arresto dello sviluppo delle uova e dell'attività degli adulti. Gli entomofagi usati nella sperimentazione sono parassitoidi larvali (Imenotteri Calcidoidei), entomoparassiti (Imenottero Braconide) e insetti che si nutrono delle sue uova (Dittero Cecidomide); la lotta chimica unisce i principi di quella integrata e quella di tipo guidata: si stabilisce la soglia di intervento che varia in base e in funzione dell'uso cui è destinata la produzione del campione rappresentativo calcolato in drupe per Ha (200 drupe raccolte a caso, provenienti da 20 piante). Il rilevamento degli adulti si effettua con trappole cromotropiche, alimentari (avvelenate, prima che inizi l'ovideposizione) e sessuali (installate a fine giugno, 2-3 per ettaro).

Olive colpite dalla Mosca dell'olivo Olive colpite dalla Mosca dell'olivo

Tripide dell'olivo: (Liothripis oleae) questa è una specie molto diffusa nel bacino mediterraneo. L'adulto è lungo circa 2,5-3 mm, ha un corpo nero brillante e ali frangiate. Le neanidi sono di colore giallo. I danni si manifestano sui germogli, foglie, fiori, frutti e sono determinati dalle punture trofiche sia degli adulti che delle forme giovanili. I germogli colpiti hanno uno sviluppo stentato, le foglie si deformano e cadono precocemente, sui fiori si ha l'aborto fiorale e successiva colatura. Sui frutti si possono avere sporadiche cascole, ma molto più frequenti sono le deformazioni, infossature e maculature. Le punture inoltre possono favorire la penetrazione di patogeni da ferita. La lotta contro questo tisanottero è di tipo chimico, agronomico e condotta anche mediante l'aiuto di due entomofagi del Liothripis cioè Anthocoris nemoralis (Rincote antocoride) e Tetrastichus gentilei (Imenottero calcidoideo). La lotta chimica si effettua solo in presenza di gravi attacchi e si utilizzano prodotti fosforganici quali Acefate e Metomil (si stabilisce una soglia d'intervento pari al 10% dei germogli infestati). La lotta agronomica si limita a buone potature atte a prevenire l'instaurarsi del Tripide.

Cocciniglia mezzo grano di pepe: (Seissetia olea) questa è un lacanide che ha come ospiti principali l'olivo e gli agrumi, ma vive tuttavia su svariate altre piante arboree ed erbacee comprendenti: oleandro, albero di giuda, evonimo, lentisco, aralia, palme, zucca e carduacee spontanee. Le infestazioni interessano i rami, i rametti e la pagina inferiore delle foglie, dove le neanidi si localizzano lungo la nervatura principale. La cocciniglia causa deperimenti vegetativi, defogliazioni, disseccamenti di rametti, cascola e scarsa fruttificazione. La neanide è di colore giallognolo e scurisce durante lo sviluppo; il maschio è alato e compare raramente, la femmina è attera misura circa 5 mm e il suo corpo è completamente ricoperto da uno scudetto di cera convesso (sotto il quale si sviluppano le uova) con disegnata sopra una H. Gli abbondanti escrementi zuccherini prodotti dalle femmine sviluppano sia una notevole fusaggine sia un effetto lente che brucia il punto della foglia sul quale si trova nonché un forte richiamo alimentare per le formiche. Lo sviluppo della cocciniglia è favorito nelle annate con autunno e inverno miti e con estate umida e non eccessivamente calda, nonché negli impianti trascurati e sottoposti ad eccessivi apporti di concimi azotati. Inoltre, l'elevata densità d'impianto e le ridotte o mancate potature creano condizioni microambientali particolarmente favorevoli allo sviluppo delle infestazioni. La lotta contro questo dannosissimo Rincote è sia di tipo agronomico sia di tipo chimico: comunque segue i principi della lotta integrata e guidata. Il metodo chimico prevede una soglia d'intervento pari a 2-5 neanidi per fogli oppure 1 femmina ogni ogni 10 cm di rametto, nel caso si superi si interviene con fosforganici e oli bianchi (si evita l'uso dei primi per l'alta tossicità anche verso l'entomofauna utile, si preferisce il secondo per il motivo opposto). La lotta agronomica si avvale di potature energiche e di basse concimazioni azotate.

Cocciniglia cotonosa dell'olivo o Filippa: (Lichtensia viburni) questo Coccide è presente in tutte le diverse regioni olivicole italiane causando seri danno soprattutto alla parte aerea degli olivi. Il maschio è alato, le neanidi sono di colore giallo-verdastro e di forma ovale, la femmina adulta è lunga 5 mm con il corpo di colore giallognolo con macchie scure: durante l'ovideposizione il loro corpo appare ricoperto da una secrezione cerosa (ovisacco) dove sono contenute le uova. Le parti infestate dalla Lichtensia sono la pagina inferiore delle foglie e dei germogli: il danno causato consiste dalla produzione di melata che porta gli stessi inconvenienti della Cocciniglia mezzo grano di pepe. Per debellare questo fastidioso e dannoso insetto si ricorre sia ai rapporti di preda/predatore presenti in nature (Coleotteri Coccinellidi) sia a criteri di lotta chimica (prodotti uguali che per la C. m. g. di p.) sia a criteri di lotta agronomica (potatura di sfoltimento).

Tignola dell'olivo: (Prays oleae) questo insetto presenta prevalentemente tre generazioni annuali (larva, crisalide e farfalla adulta), che attaccano rispettivamente le foglie, i fiori e i frutti. La larva, di lunghezza 6-8 mm e larghezza 1,5 mm, ha un colore verde cenerino col capo rossiccio. La crisalide è di color marrone ed ha una lunghezza di 4-6 mm. L'adulto è una piccola farfalla di color bianco cenerino, di lunghezza 6-7 mm; la prima coppia di ali è caratterizzata da piccole macchie scure, mentre la seconda è di colore uniformemente grigio con un caratteristico bordo frastagliato. la prima generazione comincia con il bruco, nel tardo inverno scava gallerie nelle foglie, successivamente erode le tenere foglioline e verso Aprile si impupa in un bozzoletto. La seconda generazione penetra nei boccioli floreali (mignole) e si incrisalida. La terza generazione è quella che provoca i danni più gravi, provocando la caduta delle olive e causando forti perdite. Il danno è simile a quello della larva della mosca, infatti si introduce nelle drupe, scavando gallerie che erodono anche il nocciolo: è qui la differenza rispetto alle gallerie della mosca. Osservando le olive colpite, le larve e le crisalidi si distinguono facilmente da quelle colpite dalla mosca. La lotta è di tipo chimica e segue le indicazioni di quella guidata ed integrata: si usano insetti entomofagi predatori (Rincoti Antocoridi, Ditteri Silfidi e Neurotteri Crisopidi) e parassitoidi (Imenotteri Calcidoidei e Imenotteri Braconidi); i prodotti chimici usati sono tutti Fosforganici. In alcuni casi si utilizza il Bacillus thuringiensis.

di Gentili Alberto

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