Prosciutto di Modena DOP
Atlante dei prodotti tipici - Salumi tipici italiani

Cenni storici e zona di produzione

Riconoscimento DOP: Reg. CE n.1107/96. Nel marzo del 2010 sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea le modifiche al disciplinare di produzione della DOP "Prosciutto di Modena".
(Aumentata la percentuale di umidità delle carni, anticipato il giorno massimo entro il quale bisogna apporre il timbro e prolungato il periodo minimo di stagionatura.)

La zona tipica di produzione del prosciutto di Modena, cosi come individuata e eliminata dalla Legge 12 gennaio 1990, n. 11 corrisponde alla particolare zona collinare insistente sul bacino oroidrografico del fiume Panaro e sulle valli confluenti, e che, Partendo dalla fascia pedemontana, non supera i 900 metri di altitudine comprendendo i territori dei seguenti Comuni: Castelnuovo Rangone, Castelvetro, Spilarnberto, San Cesario sul Panaro, Savignano sul Panaro, Vignola, Marano, Guiglia, Zocca, Montese, Maranello, Serramazzoni, Pavullo nel Frignano, Lama Mocogrio, Pievepelago, Riolunato, Montecreto, Fanano, Sestola, Gaggio Montanto, Monteveglio, Savigno, Monte San Pietro, Sasso Marconi, Castello di Serravalle, Castel d'Aiano, Bazzano, Zola Predosa, Bibbiano, San Polo d'Enza, Quattro Castella, Canossa (già Ciano d'Enza), Viano, Castelnuovo Monti.
La materia prima proviene da un'area geograficamente più ampia della zona di trasformazione, che comprende il territorio amministrativo delle regioni Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo, Lazio, Friuli Venezia Giulia.

La produzione di prosciutti in questa zona ha le sue radici nell'epoca del bronzo. Infatti, pur riconoscendo che la lavorazione del prosciutto crudo stagionato appartiene alla cultura storica di tutta l'Italia settentrionale e che risulta difficile collocare l'inizio di questa pratica in un preciso periodo di tempo, pare inconfutabile che sulle sponde del Panaro, zona geografica in cui ricorrono tutte le caratteristiche ambientali e morfologiche della più ampia "Padania", l'allevamento del maiale, come animale domestico, sia cominciato in tempi veramente remoti, addirittura prima che in ogni altra zona dell'Emilia Romagna.
Grazie alla fertilità dei terreni da destinare alle prime pratiche agrarie per la preistorica coltivazione dei cereali e alle ampie zone boccate righe di animali, le popolazioni della valle del Panaro avevano trovato le condizioni favorevoli allo sviluppo della loro civiltà, tanto da poter essere considerati appunto i primi nella regione a praticare l'allevamento; si sa, dunque, che nel neolitico e nell'eneolitico gli antichi abitatori della valle del Panaro erano agricoltori ed allevatori. Appurato che i nostri antenati erano allevatori, e che il suino era uno degli animali domestici più rappresentativi, bisogna arrivare all'età del bronzo per conoscere qualcosa relativamente ai metodi di macellazione ed alle tecniche di conservazione delle carni. Gli insediamenti originati dalla cultura terramaricola, hanno consentito il consolidamento dell'allevamento degli animali domestici e scoperto l'utilizzo del sale (cloruro di sodio). Si può quindi presumere che inizi da questo momento la produzione di carne conservata tramite la salagione. Era, invece, il 150 a.C. quanto Polibio, attraversando la Pianura Padana, rimase colpito dalla "…terra straordinariamente fertile e ricca" e più tardi della Cispadania scriverà che ".... l'abbondanza delle ghiande nei querceti allignati ad intervalli nella pianura, è attestata da quanto dirò: la maggior parte dei suini macellati in Italia per i bisogni dell'alimentazione privata e degli eserciti si ricava dalla Pianura Padana".
Ulteriore impulso all'allevamento dei suini ed alla trasformazione delle loro carni si ha con l'amento dei ceffi e dei romani. "Questo allevamento comportava anche piccole industrie di trasformazione spesso connesse con la stessa villa (che nella terminologia latina significa azienda agricola). Infatti le carni che dovevano essere inviate per il consumo il altre regioni, andavano salate o affumicata per la conservazione, oppure trasformate in salumi".
La carne di maiale divenne ben presto cibo ambito sia dalle classi nobili che dalla popolazione contadina, rispettivamente per la bontà e per l'elevata capacità nutrizionale "La salagione aveva come oggetto dunque, innanzitutto le carni, a cominciare da quella di maiale, che per lungo tempo rappresentò la carne per eccellenza nella dieta quotidiana di larghi strati di popolazione. Soprattutto di maiale salato erano costituite le scorte di carne delle famiglie contadine, che non di rado erano tenute a corrispondere al proprietario della terra un tributo annuo in spalle e prosciutti. Soprattutto di maiale erano costituite le scorte delle grandi aziende rurali, come quella di Migliarina (Carpi), dipendente dal Monastero di Santa Giulia".
Alla pratica diffusa dell'allevamento (nel 1540 a Modena si contava una popolazione di 17.000 suini) si affiancava sempre di più la pratica della "pcaria", che utilizzava la carne del maiale per la fabbricazione degli insaccati, raggiungendo sin d'allora livelli qualitativi e quantitativi particolarmente apprezzabili. Nel 1547, infatti, sempre a Modena, i "lardaroli e salsicciai" che sino ad allora erano assimilati ai "beccari" si costituirono in corporazione autonoma; la loro arte era riconosciuta anche oltre i confini della città e Modena, in questo campo, era un vero e proprio punto di riferimento.
Del prosciutto in particolare, si cibavano anche i componenti delle fastose corti rinascimentali, tra le quali una delle più rappresentative era quella del Duca di Modena; il prosciutto non consumato direttamente, a conferma del suo pregio, non veniva scartato ma riutilizzato con ricette tramandate fino a noi come i famosi "tortellini". Della preparazione del prosciutto ne riferisce Padre Giuseppe Falcone nel suo trattato di agricoltura "Nuova Villa", allorquando cita che in Emilia esiste "l'antica specializzazione sull'allevamento dei maiali e nella lavorazione delle carni suine", precisando che " .... Non può star bene una villa senza porci, animali si utili, e di molta cavata .... i prosciutti nostrani si tengono tre settimane sotto sale in tre settimane le mezene restano salate, e si possono levar di sale,lavandoli con acqua di fiume".
Tra il '600 e l'800 la lavorazione della carne di maiale si consolida e numerosissime sono le testimonianze scritte di tale arte. Una volta macellati i maiali venivano commercializzati a Modena come " ... salsizza rossa, salame nuovo, salame vecchio, pancetta, prosciutto, distrutto, lardo songia, cotteghino fino crudo, cotteghino fino cotto ..." come scrive il Malvasia. Nel 1670 nelle carte della Camera ducale estense, in un lungo elenco di rifornimenti della cucina del cardinale Rinaldo, compare la raffinata distinzione fra prosciutti "di montagna" e prosciutti "nostrani" con particolare predilezione per la qualità dei primi. Anche il Belloi (1704) nella sua cronaca "Del più moderno Stato di Vignola" esalta la qualità delle carni suine della zona pedemontana e collinare e l'industria della macellazione della carne suina, tanto che nel 1885 Arsenio Crespellani, nella sua cicalata "Passeggiata in tramway a vapore Bologna-Bazzano-Vignola" scrisse, proprio avvicinandosi a quest'ultima tappa " .. fertili sono i terreni della collina e dell'altopiano, producendo in copia cereali, frutta e foraggi; fertilissime le basse. che oltre ai suddetti prodotti danno foglia da gelso in abbondanza, e bella saporita ortaglia .... Le industrie principali sono la manipolazione delle carni porcine, specialmente il rinomato prosciutto ...".
L'importanza del suino e della lavorazione delle sue carni è poi cresciuta, nella provincia di Modena, con il nostro secolo. Riporta la relazione sull'andamento economico della Provincia di Modena nell'anno 1929, a cura del Consiglio Provinciale dell'economia di Modena: " L'industria dei salumi ha avuto, nel biennio 1928-1929, un andamento abbastanza regolare, consentendo però, in generale, utili piuttosto modesti. La produzione delle rinomate specialità locali, e specialmente zamponi, mortadelle e cotechini, ecc. è stata nel 1929, discreta ed ha continuato ad alimentare la normale nostra corrente di esportazioni specialmente nei paesi dove prosperano numerose colonie di connazionali. L'industria è stata inoltre favorita dai prezzi dei suini grassi, che si sono mantenuti piuttosto bassi. Andamento pressoché analogo ha avuto l'industria della salagione dei prosciutti, che gode in questa Provincia meritata fama …".

Consorzio del Prosciutto di Modena
Viale Corassori n. 72
41100 Modena
Tel. +39059343464
Sito web: www.consorzioprosciuttomodena.it

Preparazione e caratteristiche

La DOP “Prosciutto di Modena” si caratterizza per la forma esteriore a pera, il colore rosso vivo del taglio, il sapore sapido ma non salato e l’aroma di profumo gradevole, dolce ma intenso. Prodotto particolarmente adatto nelle diete a sfondo iperproteico, nonché alimento ideale nelle diete ipolipidiche grazie al suo contenuto minerale e vitaminico e il suo limitato contenuto di colesterolo, fin da epoca antichissima lega le proprie caratteristiche alla zona di Modena, da sempre considerata un riferimento per la lavorazione della carne suina grazie all’antica radicata tradizione salumiera e gastronomica.
Vengono impiegati maiali di nove mesi, che provengono da allevamenti presenti in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Abruzzo, Lazio, Molise, Toscana, Veneto, Marche e Umbria.
Il procedimento è semplice: dapprima le cosce vengono raffreddate a 0 ° C, salate e poi conservate a 2 ° C per circa 8 settimane. Si procede poi alla lavatura, asciugatura e sugnatura, fatta con farina, strutto, sale e pepe. La stagionatura dura circa un anno.
Il prosciutto si presenta di un bel colore rosso, delicato al gusto, piacevolmente profumato.

Prosciutto di Modena DOP Prosciutto di Modena DOP

Disciplinare di produzione

Provvedimento 25 gennaio 1999 e modifiche – GURI n. 33 del 10 febbraio 1999

A
Nome del prodotto che comprende la denominazione d'origine

A.1 Il nome del prodotto è "Prosciutto di Modena".

A.2 La denominazione d'origine "Prosciutto di Modena" è giuridicamente protetta a livello azionale dalla legge della Repubblica Italiana 12 gennaio 1990 n. 11 "Tutela di denominazione d'origine del prosciutto di Modena, delimitazione della zona di produzione e caratteristiche del prodotto", attualmente in vigore.

B
Descrizione del prodotto mediante indicazione delle materie prime e delle principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche ed organolettiche

B.1 La denominazione di origine del "Prosciutto di Modena" è riservata esclusivamente al prosciutto le cui fasi di produzione, dalla salagione alla stagionatura completa, hanno luogo nella zona tipica di produzione e viene attestata dal contrassegno previsto dalla legge gennaio 1990, n. 11, atto a garantire l'origine, 1’identificazione e l'osservanza di disposizioni produttive contenute nel presente disciplinare.

B.2 Il prosciutto di Modena è ottenuto esclusivamente dalla coscia fresca di suini nati, levati e macellati nelle seguenti regioni: Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Molise Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo, Lazio, Friuli Venezia Giulia, secondo le prescrizioni produttive contenute presente disciplinare.

B.2.1 I suini devono essere macellati in ottimo stato sanitario e dissanguati secondo le migliori tecniche di produzione, non prima del nono mese dalla nascita.

B 2.2 È esclusa l'utilizzazione di verri e scrofe.

B.2.3 La coscia fresca deve avere per base ossea il femore, la tibia, la rotula e la prima fila elle ossa tarsiche.

B.2.4 Le cosce dei suini impiegate per la preparazione del Prosciutto di Modena devono essere di peso sufficiente a far conseguire un peso, a fine stagionatura, non inferiore ai sette chilogrammi.

B.2.5 Lo spessore del grasso della parte esterna della coscia fresca rifilata, misurato verticalmente in corrispondenza della testa del femore (sottonoce), con la coscia e la relativa faccia esterna poste sul piano orizzontale, non deve essere inferiore a 15 millimetri, cotenna compresa funzione della pezzatura.

B.2.6 La giusta consistenza del grasso è stimata attraverso la determinazione del numero di odio e/o del contenuto di acido linoleico, da effettuarsi sul grasso interno ed esterno del pannicolo adiposo sottocutanea della coscia. Per ogni singola coscia il numero di jodio non deve superare 70 ed il contenuto di acido linoleico non deve essere superiore al 15%.

B.2.7 Sono escluse le cosce provenienti da suini con miopatie conclamate (PSE, DFD, costumi evidenti di pregressi processi flogistici e traumatici, ecc.), accertate obiettivamente e certificate, al macello, da un medico veterinario.

B.2.8 Dopo la macellazione, le cosce suine non devono subire, tranne la refrigerazione, alcun trattamento di conservazione, ivi compresa ha congelazione. Per refrigerazione si intende che le cosce suine devono essere conservate, nelle fasi di deposito e trasporto, ad una temperatura interna variabile tra - 1 grado C° e + 4 gradi C°.

B.2.9 Non è ammessa la lavorazione di cosce suine che risultino ricavate da suini macellati a meno di 24 o da oltre 120 ore.

B.3 Il prosciutto di Modena, al termine della stagionatura presenta particolari caratteristiche organolettiche e qualitative, che si concretizzano in una oggettiva caratterizzazione e nella ricorrenza di determinati parametri; questi ultimi sono l'inequivocabile risultato della correlazione, confermata nel tempo fra caratteristiche organolettiche e parametri chimici in funzione delle metodiche produttive.

B.3.1 Le particolari caratteristiche organolettiche e qualitative del prosciutto di Modena rispondono ai seguenti requisiti.

a) forma a pera, con esclusione del piedino ottenuta con l'eliminazione dell'eccesso di grasso mediante rifilatura ed asportazione di parte delle cotenne e del grasso di copertura;

b) peso minimo non inferiore a chilogrammi sette; di norma ricompreso tra gli otto e dieci chilogrammi,

c) colore rosso vivo del taglio;

d) sapore sapido ma non salato;

e) aroma di profumo gradevole, dolce ma intenso anche nelle prove dell'ago;

f) consistenza caratteristica della carne dell’animale di provenienza.

B.3.2 Per quanto. riguarda l'osservanza di determinati parametri, il prosciutto di Modena è altresì caratterizzato dall'osservanza di requisiti, verificati mediante l'analisi chimica e riferiti alla composizione centesimale di una frazione del muscolo bicipite femorale, rilevati prima dell'apposizione del contrassegno di cui al punto B. 1 del presente disciplinare.

B.3.3 L’umidità percentuale non deve essere inferiore al 50%, né superiore al 61%.

B.3.4 I1 cloruro di sodio in percentuale non deve essere inferire al 4,5% né superiore al 6,7%.

B.3.5 Il quoziente del rapporto tra la composizione percentuale di cloruro di sodio e l’umidità percentuale (espresso in valori numerici moltiplicati per 100) non deve essere inferiore a 7,4 né superiore a 13,5.

B.3.6 L’indice di proteolisi (composizione percentuale delle frazioni azotate solubili in acido tricloroacetico – TCA - riferite al contenuto in azoto totale) non deve essere inferiore al 21%, né superiore al 31%.

B.3.7 Il peso del prosciutto di Modena intero è di norma ricompreso tra di otto e i dieci chilogrammi, e comunque mai inferiore a sette chilogrammi.

B.4 Il prosciutto di Modena è commercializzato anche frazionato; in tal caso su ogni mezzo o porzione viene apposto il contrassegno di cui al punto B.1. Qualora non sia possibile conservare sul prodotto il contrassegno, questo dovrà essere apposto in modo indelebile ed inamovibile sulla confezione, sotto il controllo dell'organismo abilitato.

C
Delimitazione della zona geografica e rispetto delle condizioni di cui all’art. 2, par. 4

C.1 La zona tipica di produzione del prosciutto di Modena, cosi come individuata e eliminata dalla Legge 12 gennaio 1990, n. 11 corrisponde alla particolare zona collinare insistente sul bacino oroidrografico del fiume Panaro e sulle valli confluenti, e che, Partendo dalla fascia pedemontana, non supera i 900 metri di altitudine comprendendo i territori dei seguenti Comuni: Castelnuovo Rangone, Castelvetro, Spilarnberto, San Cesario sul Panaro, Savignano sul Panaro, Vignola, Marano, Guiglia, Zocca, Montese, Maranello, Serramazzoni, Pavullo nel Frignano, Lama Mocogrio, Pievepelago, Riolunato, Montecreto, Fanano, Sestola, Gaggio Montanto, Monteveglio, Savigno, Monte San Pietro, Sasso Marconi, Castello di Serravalle, Castel d'Aiano, Bazzano, Zola Predosa, Bibbiano, San Polo d'Enza, Quattro Castella, Canossa (già Ciano d'Enza), Viano, Castelnuovo Monti.

C.2 Nella zona di cui al punto C. 1 devono essere ubicati gli stabilimenti di produzione (prosciuttifici) e devono quindi svolgersi tutte le fasi di trasformazione della materia prima, previste dalla presente disciplinare fino alla stagionatura completa.

I laboratori di confezionamento e affettamento del prosciutto di Modena devono essere ubicati nel territorio delle province di Modena, Reggio Emilia e Bologna, nelle quali sono ricompresi i comuni di cui al punto C.1.

C.3 La materia prima (crf. Punto B.2.) proviene da un'area geograficamente più ampia della zona di trasformazione, che comprende il territorio amministrativo delle regioni Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo, Lazio, Friuli Venezia Giulia.

C.4 Nella suddetta zona di provenienza della materia prima hanno sede tutti gli allevamenti dei suini le cui cosce sono destinate alla produzione del prosciutto di Modena e gli stabilimenti di macellazione abilitati alla relativa preparazione, nonché i laboratori di sezionamento eventualmente ricompresi nel circuito della produzione tutelata.

C.5 Tale zona di provenienza della materia prima è rispondente a quanto richiesto dalla legge 12.01.1990 n. 11 così come modificata dall'articolo 60 della legge 19 febbraio 1992, n. 142, e sue eventuali e successive modifiche ed integrazioni.

C.6 Ai sensi dell'art. 2, paragrafo 5, del Reg. CEE n. 2081/92, la produzione delle materie prime deve soddisfare le seguenti prescrizioni e condizioni particolari.

C.6.1 Le razze, l'allevamento e l'alimentazione dei suini devono essere idonei a garantire le tradizionali qualità del prodotto in esito a precise prescrizioni produttive, originate da peculiari tecniche d'allevamento praticate nella zona considerata, puntualmente codificate e pertanto riconosciute e generalmente adottate all'interno del circuito della produzione tutelata.

C.6.2 Sono pertanto ammessi gli animali in purezza o derivati, delle razze tradizionali di

base Large White e Landrace, cosi come migliorate dal Libro Genealogico Italiano. Sono altresì ammessi gli animali derivati dalla razza Duroc, cosi come migliorati dal Libro Genealogico Italiano.

C.6.3 Sono inoltre ammessi gli animali di altre razze, meticci e ibridi, purché provengano da schemi di selezione od incrocio con finalità compatibili con quelle del Libro Genealogico Italiano, per la produzione dei suino pesante.

C.6.4 In osservanza alla tradizione, sono comunque esclusi i portatori di caratteri antitetici, con particolare riferimento alla sensibilità agli stress (PSS) che oggi sono rilevati obiettivamente anche sugli animali "post mortem" e sui prosciutti stagionati.

C.6.5 Sono in ogni caso esclusi gli animali che non producono cosce conformi al presente disciplinare, con riferimento alle prescrizioni di cui alla scheda B.

C.6.6 Sono comunque esclusi gli animali in purezza delle razze Landrace Belga, Hampshire, Pietrain, Duroc e Spot Poland.

C.6.7 I tipi genetici utilizzati devono assicurare il raggiungimento di pesi elevati con buone efficienze, e comunque, un peso medio per partita (peso vivo) di 160 chilogrammi (più o meno 10%).

C.6.8 Gli alimenti consentiti, le quantità, e le modalità di impiego devono essere quelli riportati nelle tavole prescritte, che seguono al successivo punto C.13.

C.6.9 L'alimento dovrà essere preferibilmente presentato in forma liquida (broda o pastone) e, per tradizione, con siero di latte.

C.6.10 Rispetto alle quantità indicate nel presente disciplinare sono ammesse tolleranze massime del 10%.

C.6.11 Ai fini di ottenere un grasso di copertura di buona qualità nell'alimento è consentita una presenza massima di acido linoleico pari al 2% della sostanza secca della dieta.

C.6.12 Siero di latte (sottoprodotto di cagliate) e latticello (sottoprodotto della lavorazione del burro) insieme non devono superare i 15 litri capo/giorno.

C.6.13 Se associato a boriando il contenuto totale di azoto deve essere inferiore al 2 %.

C.6.14 Patata disidratata e manioca insieme non devono superare il 15% della sostanza secca della razione,

C.7 I fattori di caratterizzazione della coscia suina fresca sono prescritti nelle condizioni indicate nella precedente scheda B.

C.8 Le fasi di allevamento dei suini destinati alla produzione del prosciutto di Modena sono cosi definite:

- allattamento: da 0 a 30 giorni sotto scrofa

- svezzamento: da 30 a 80 giorni

- magronaggio: da 30 a 80 chilogrammi di peso

- ingrasso: da 80 a 160 chilogrammi e oltre

C.8.1 Le tecniche di allevamento sono finalizzate ad ottenere un suino pesante, obiettivo che deve essere perseguito assicurando moderati accrescimenti giornalieri, nonché la produzione di carcasse incluse nelle classi centrali della Classificazione CEE.

C.8.2 Le strutture e le attrezzature dell'allevamento devono garantire agli animali condizioni i benessere.

C.8.3 I ricoveri devono risultare ben coibentati e ben aerati, in modo da garantire la giusta temperatura, il ricambio ottimale dell'aria e l'eliminazione dei gas nocivi.

C.8.4 I pavimenti devono essere caratterizzati da una bassa incidenza di fessurazioni e realizzati con materiali idrorepellenti, termici ed antisdrucciolevoli.

C.8.5 In relazione alla tipologia dell'alimentazione, tutte le strutture ed attrezzature devono esentare adeguati requisiti di resistenza alla corrosione.

C.9 L'unicità del suino pesante italiano è stata riconosciuta direttamente dalla Comunità. infatti in sede di applicazione del Reg. CEE n. 3220/84 - concernente la classificazione commerciale delle carcasse suine - ha riconosciuto unicamente all'Italia la presenza sul territorio della due popolazioni suine:

- il suino leggero, macellato a pesi conformi alle medie europee e destinato al consumo di carni fresche

- il suino pesante, macellato a pesi superiori ai 150/160 chilogrammi, le cui carni sono destinate all'industria salumiera.

Questo ha portato a distinguere le carcasse in "leggere" e "pesanti" alla applicazione di due formule nettamente diverse nella valutazione commerciale (Decisione Commissione 21712/88).

C.9.bis In particolare onde garantire l'osservanza delle condizioni indicate nel presente disciplinare, gli allevamenti si assoggettano al seguente regime di controllo. È instaurato un regime di controllo atto a garantire l'osservanza di particolari condizioni produttive delle materie prime, nonché degli obiettivi posti a carico di tutti i soggetti ricompresi nel circuito della produzione tutelata del Prosciutto di Modena (allevatori, macellatori, sezionatori, produttori).

C.9.1 Per essere compresi nel "circuito della produzione tutelata" gli allevatori devono essere preventivamente riconosciuti e codificati dall'organismo abilitato.

C.9.2 A tal fine, gli allevatori presentano all'organismo abilitato apposita richiesta; questi, effettuati gli accertamenti del caso, assegna ad ogni singolo allevatore un codice di identificazione su base alfanumerica, e gli fornisce gli appositi supporti cartacei, prenumerati e precodificati, indispensabili per il rilascio della dichiarazione di cui in appresso.

C.9.3 L'allevatore riconosciuto nelle forme previste dal punto C 9.1 appone sulle cosce posteriori di ogni suino, entro il trentesimo giorno dalla nascita, un timbro indelebile.

C.9.4 L'apposizione di tale timbro è effettuata mediante applicazione, con apposito strumento a compressione, di un tatuaggio indelebile ed inamovibile anche "Post mortem" sulla porzione laterale di entrambe le cosce del suinetto posta appena sotto una linea orizzontale che parte dalla rotula ed in corrispondenza della parte inferiore del bicipite femorale.

C.9.5 La timbratura riproduce il codice d'identificazione di cui al punto C.9.1 ed una ulteriore lettera alfabetica, utilizzata in funzione variabile in relazione al mese di nascita dell'animale. La timbratura è apposta sotto la responsabilità dell'allevatore.

C.9.6 Nelle ipotesi in cui il suino timbrato venga trasferito ad altro allevamento, quest'ultimo deve essere stato preventivamente riconosciuto dall'organismo abilitato e deve apporre un nuovo timbro recante il proprio codice di identificazione su entrambe le cosce dei suini, in modo da risultare indelebile ed inamovibile anche "post mortem".

C.9.7 I1 timbro di cui al punto precedente è apposto sulla porzione laterale della coscia con una superficie di ingombro non superiore a 45 millimetri per 85 millimetri, evitando la sovrapposizione con il timbro di cui al punto C.9.3 e, preferibilmente, non oltre l'ottavo mese di vita.

C.9.8 I1 timbro di cui al punto C.9.6 deve comunque essere apposto prima dell'invio del suino alla macellazione.

C.9.9 L’allevatore è obbligato a rilasciare, per i suini avviati alla macellazione, una dichiarazione attestante la conformità alle prescrizioni ed alle condizioni particolari previste dal presente disciplinare.

C.9.10 A tal fine, all'atto della spedizione dei suini presso un macello riconosciuto, l’allevatore deve compilare, in triplice copia, un esemplare della dichiarazione i cui supporti cartacei gli sono stati preventivamente forniti dall'organismo abilitato.

C.9.11 La dichiarazione identificativa dell'allevatore, prenumerata, e precodificata e da questi datata e sottoscritta attesta l'osservanza delle prescrizioni produttive disposte dal presente disciplinare e, inoltre, è integrata dalla indicazione sintetica dei genotipi utilizzati, del numero dei capi e della relativa destinazione. I criteri e le metodologie di compilazione, gestione, utilizzazione e circolazione delle dichiarazioni sono disciplinate con direttiva dell'organismo abilitato.

C.9.12 Una copia della dichiarazione viene rilasciata al macello, una viene trasmessa all'organismo abilitato, secondo modalità stabilite da quest'ultimo e la terza viene conservata agli atti.

C.9.13 Gli allevatori sono tenuti a consentire ogni forma di controllo volta ad accertare l'esatto adempimento degli obblighi loro derivanti dal presente disciplinare, ivi comprese le ispezioni necessarie a verificare l'idoneità dei locali e degli impianti e l'osservanza delle prescrizioni produttive.

C.9.14 L'organismo abilitato svolge i propri compiti di vigilanza e di controllo con particolare riferimento alla osservanza delle prescrizioni produttive ed alla regolare apposizione dei timbri, avvalendosi di proprio personale dipendente o di altri soggetti preventivamente incaricati e qualificati professionalmente, come indicato nella successiva scheda G.

C.9.15 L'organismo abilitato può avvalersi degli atti di ufficio eventualmente messi a disposizione dal veterinario ufficiale competente per territorio, per attuare il controllo del regolare svolgimento delle operazioni previste dal presente disciplinare.C.10 Onde garantire l'osservanza delle condizioni indicate nel presente disciplinare, i macelli si assoggettano al seguente regime di controllo.

C.10.1 I macelli che intendono fornire le cosce suine fresche destinate alla produzione del prosciutto di Modena devono inoltrare all'organismo abilitato domanda per attenere un apposito riconoscimento.

C.10.2 La domanda è corredata dalla documentazione attestante il possesso dell'autorizzazione sanitaria, nonché dei requisiti igienico sanitari richiesti dalle norme vigenti.

C.10.3 L'organismo abilitato, effettuati i necessari accertamenti, provvede all'attribuzione di un codice d’identificazione del macello e fornisce uno o più timbri destinati alla relativa apposizione sulle cosce suine fresche destinate alla produzione del prosciutto di Modena.

C.10.4 Sulle cosce suine fresche munite del timbro o dei timbri apposti dall'allevatore e pervenutigli con copia delle dichiarazioni di cui al punto C.9.10, accertatane la corrispondenza ai requisiti indicati nella precedente scheda B, il macellatore è tenuto ad apporre un timbro indelebile impresso a fuoco.

C.10.5 I1 timbro di cui al punto precedente riproduce il codice di identificazione del macello presso il quale è avvenuta la macellazione ed è impresso sulla cotenna.

C.10.6 I1 macellatore è tenuto ad accompagnare ogni singola partita di cosce fresche sulle quali ha apposto il timbro di cui al punto C.10.4, con un esemplare o una copia dalla dichiarazione ottenuta nelle forme previste al punto C.9.10.

C.10.7 Qualora la dichiarazione originariamente rilasciata dall'allevatore si riferisca a suini le cui cosce vengono destinate a diversi "prosciuttifici" e, comunque, a separate forniture, il macellatore è tenuto ad accompagnare ogni singola consegna di cosce fresche con copia della dichiarazione stessa, allegata ad un documento riepilogativo di sintesi od altri documenti comunque richiesti dall'organismo abilitato.

C.10.8 I laboratori di sezionamento eventualmente riconosciuti soggiacciono agli stessi obblighi del macello disposti dal presente disciplinare ed integrano la documentazione prevista con fotocopia dei documenti che, ai sensi della vigente normativa amministrativa e sanitaria, hanno accompagnato il trasferimento delle mezzerie o degli altri tagli da un altro dei macelli comunque riconosciuti.

C.10.9 I macellatori sono tenuti a consentire ogni forma di controllo intesa ad accertare l'esatto adempimento degli obblighi posti a loro carico dal presente disciplinare, ivi comprese le ispezioni necessarie a verificare l'idoneità dei locali e degli impianti nonché l'osservanza delle prescrizioni produttive.

C.10.10 Valgono, relativamente allo sviluppo della attività di controllo dell'organismo abilitato le indicazioni di cui al punto C.9.14.

C.10.11 Valgono anche in questo caso le indicazioni di cui al punto C.9.15.

C.11 I soggetti ,allevatori e macellatori, nei confronti dei quali siano accertate inadempienze od illegittimità, ivi comprese false dichiarazioni o falsificazioni, sono puniti nelle forme previste dalla Legge della Repubblica italiana 12 gennaio 1990 n. 11.

C.11.1 All'accertamento delle circostanze di cui al punto precedente provvedono l'organismo abilitato ed altri organi di vigilanza e di controllo nelle forme meglio indicate nella successiva scheda G.

C.12 L'organismo abilitato provvede inoltre direttamente al controllo ed al sistematico riscontro degli obblighi di timbratura e di dichiarazione da parte di allevatori e macellatori nell'ambito delle procedure di controllo.

C.13 Alimentazione dei suini destinati alla produzione di Prosciutto di Modena

Alimenti ammessi fino a 80 chilogrammi di peso vivo (tutti quelli utilizzabili nel periodo d'ingrasso, in idonea concentrazione, nonché quelli sottoelencati. La presenza di sostanza secca da cereali non dovrà essere inferiore al 45% di quella totale):

Semola glutinata di mais e/o corn gluten feed
s.s: fino al 5% della s.s. della razione

Carrube denocciolate
s.s: fino al 3% della s.s. della razione

Farina di carne (solo se di buona qualità)
s.s: fino al 2% della s.s. della razione

Farina di pesce
s.s: fino all'1% della s.s della razione

Farina di estrazione di soia
s.s: fino ad un massimo del 20%

Distillers
s.s: fino al 3% della s.s. della razione

Latticello*
s.s: fino ad un massimo di 61 capo/giorno

Lipidi con punto di fusione superiore a 36 gradi centigradi
s.s: fino al 2% della s.s. della razione

Lisati proteici
s.s: fino all'1% della s.s. della razione

Silomais
s.s: fino al 10% della s.s. della razione

s.s.= sostanza secca

Alimenti ammessi nella fase di ingrasso (la presenza di sostanza secca da cereali nella fase di ingrasso non dovrà essere inferiore al 55% di quella totale):

Mais
s.s: fino al 55% della s.s. della razione

Pastone di granella e/o pannocchia
s.s: fino al 55% della s.s. della razione

Sorgo
s.s: fino al 40% della s.s. della razione

Orzo
s.s: fino al 40% della s.s. della razione

Frumento
s.s: fino al 25% della s.s. della razione

Triticale
s.s: fino al 25% della s.s. della razione

Avena
s.s: fino al 25% della s.s. della razione

Cereali minori
s.s: fino al 25% della s.s. della razione

Cruscami e altri prodotti della lavorazione del frumento
s.s: fino al 20% della s.s. della razione

Patata disidratata***
s.s: fino al 15% della s.s. della razione

Manioca***
s.s: fino al 5% della s.s. della razione

Polpe di bietola surpressate ed insilate
s.s: fino al 15% della s.s. della razione

Expeller di lino
s.s: fino al 2% della s.s. della razione

Polpe secche esauste di bietola
s.s: fino al 4% della s.s. della razione

Marco mele e pere; boccette d'uva o di pomodori quali veicoli d'integratori
s.s: fino al 2% della s.s. della razione

Siero di latte*
s.s: fino ad un massimo di 151 capo/giorno

Latticello*
s.s: fino ad un apporto massimo di 250 gr. capo/giorno di s.s.

Farina disidratata di medica
s.s: fino al 2% della s.s. della razione

Melasso**
s.s: fino al 5% della s.s della razione

Farina di estrazione di soja

Farina di estrazione di girasole
s.s: fino al 15% della s.s. della razione s.s: fino all'8% della s.s. della razione

Farina di estrazione di sesamo
s.s: fino al 3% della s.s. della razione

Farina di estrazione di cocco
s.s: fino al 5% della s.s. della razione

Farina di estrazione di germe di mais
s.s: fino al 5% della s.s. della razione

Pisello e/o altri semi di leguminose
s.s: fino al 5% della s.s. della razione

Lievito di birra e/o di torula
s.s: fino al 2% della s.s. della razione

Lipidi con punto di fusione superiore a 40 gradi centigradi
s.s: fino al 2% della razione

D
Elementi comprovanti l'originarietà del prodotto nella zona geografica

D.1 L'indicazione degli elementi che comprovano che il prodotto è originario della zona geografica richiamata dalla denominazione che lo designa, deve considerare necessariamente l'articolazione della delimitazione fissata con la precedente scheda C.

D.2 Gli elementi comprovanti l'originarià di un prodotto con riferimento ad una zona geografica (scheda D) e gli elementi comprovanti il legame con l'ambiente geografico (scheda F) non sono suscettibili di autonoma trattazione data la loro strettissima interconnessione. La produzione dell'attuale Prosciutto di Modena infatti, nasce e si afferma nell'arco del tempo nella zona pedecollinare sia per la ricorrenza di determinate situazioni microclimatiche, sia perché la conservazione della carne, con l'impiego di sale, tempo e aria, è assolutamente legata al diffuso allevamento del suino ulteriormente tipico di una determinata zona geografica, a sua volta caratterizzata da peculiari tecniche di produzione agraria. La stretta connessione tra le zone di approvvigionamento della materia prima e della zona di stagionatura, consentono infatti di sostenere e provare che:

D.2.1 il prosciutto di Modena è sicuramente originario della zona geografica indicata al precedente punto C 1 e le relative caratteristiche, sono essenzialmente dovute all'ambiente geografico comprensivo dei fattori naturali e umani; inoltre la relativa trasformazione avviene esclusivamente nell'area geografica delimitata;

D.2.2 Nel contempo, la stessa materia prima utilizzata per la preparazione del prosciutto di Modena è del pari originaria della zona geografica delimitata nelle forme indicate al precedente punto C.3 dove ne viene esclusivamente sviluppata la produzione, e le relative caratteristiche sono dovute essenzialmente all'ambiente, comprensivo dei fattori naturali ed umani.

D.3 Per i fini di cui al paragrafo 4 dell'art. 2 del Reg. CEE N. 2081/9, si osserva che:

D.3.1 la denominazione "prosciutto di Modena", in quanto designa un prodotto originario di una determinata zona geografica e caratterizzato dall'apporto essenziale dell'ambiente geografico (insieme di fattori naturali ed umani), è già riconosciuta dallo Stato Italiano come denominazione di origine a livello nazionale;

D.3.2 i requisiti pregiudiziali indicati nel succitato paragrafo 4 sono stati argomentati e risultano soddisfatti nella precedente scheda C del presente disciplinare.

D.4 Le considerazioni svolte al punto D.2, circa l'originalità del suino e del prosciutto da esso derivato, sono tutte riprovate da riscontri di carattere giuridico, storico, socio-economico.

D.4.1 Sotto il profilo giuridico, si richiama la legge della Repubblica Italiana 12 gennaio 1990, n.11, avente per oggetto esplicito ed esclusivo la "tutela della denominazione di origine del Prosciutto di Modena, delimitazione della zona di produzione e caratteristiche del prodotto".

D.4.2 Sotto il profilo storico, è attendibile ritenere che la produzione di prosciutti, nella zona tipica individuata dal precedente punto C 1, abbia le sue radici nell'epoca del bronzo.

D.4.2.1 Infatti, pur riconoscendo che la lavorazione del prosciutto crudo stagionato appartiene alla cultura storica di tutta l'Italia settentrionale e che risulta difficile collocare l'inizio di questa pratica in un preciso periodo di tempo, pare inconfutabile che sulle sponde del Panaro, zona geografica in cui ricorrono tutte le caratteristiche ambientali e morfologiche della più ampia "Padania", l'allevamento del maiale, come animale domestico, sia cominciato in tempi veramente remoti, addirittura prima che in ogni altra zona dell'Emilia Romagna.

D.4.2.2 Grazie alla fertilità dei terreni da destinare alle prime pratiche agrarie per la preistorica coltivazione dei cereali e alle ampie zone boccate righe di animali, le popolazioni della valle del Panaro avevano trovato le condizioni favorevoli allo sviluppo della loro civiltà, tanto da poter essere considerati appunto i primi nella regione a praticare l'allevamento; si sa, dunque, che nel neolitico e nell'eneolitico gli antichi abitatori della valle del Panaro erano agricoltori ed allevatori,

D.4.2.3 Appurato che i nostri antenati erano allevatori, e che il suino era uno degli animali domestici più rappresentativi, bisogna arrivare all'età del bronzo per conoscere qualcosa relativamente ai metodi di macellazione ed alle tecniche di conservazione delle carni. Gli insediamenti originati dalla cultura terramaricola, hanno consentito il consolidamento dell'allevamento degli animali domestici e scoperto l'utilizzo del sale (cloruro di sodio). Si può quindi presumere che inizi da questo momento la produzione di carne conservata tramite la salagione.

D.4.2.4 Era, invece, il 150 a.C. quanto Polibio, attraversando la Pianura Padana, rimase colpito dalla "…terra straordinariamente fertile e ricca" e più tardi della Cispadania scriverà che ".... l'abbondanza delle ghiande nei querceti allignati ad intervalli nella pianura, è attestata da quanto dirò: la maggior parte dei suini macellati in Italia per i bisogni dell'alimentazione privata e degli eserciti si ricava dalla Pianura Padana".

D.4.2.5 Ulteriore impulso all'allevamento dei suini ed alla trasformazione delle loro carni si ha con l'amento dei ceffi e dei romani. "Questo allevamento comportava anche piccole industrie di trasformazione spesso connesse con la stessa villa (che nella terminologia latina significa azienda agricola). Infatti le carni che dovevano essere inviate per il consumo il altre regioni, andavano salate o affumicata per la conservazione, oppure trasformate in salumi".

D.4.2.6 La carne di maiale divenne ben presto cibo ambito sia dalle classi nobili che dalla popolazione contadina, rispettivamente per la bontà e per l'elevata capacità nutrizionale "La salagione aveva come oggetto dunque, innanzitutto le carni, a cominciare da quella di maiale, che per lungo tempo rappresentò la carne per eccellenza nella dieta quotidiana di larghi strati di popolazione. Soprattutto di maiale salato erano costituite le scorte di carne delle famiglie contadine, che non di rado erano tenute a corrispondere al proprietario della terra un tributo annuo in spalle e prosciutti. Soprattutto di maiale erano costituite le scorte delle grandi aziende rurali, come quella di Migliarina (Carpi), dipendente dal Monastero di Santa Giulia".

D.4.2.7 Alla pratica diffusa dell'allevamento (nel 1540 a Modena si contava una popolazione di 17.000 suini) si affiancava sempre di più la pratica della "pcaria", che utilizzava la carne del maiale per la fabbricazione degli insaccati, raggiungendo sin d'allora livelli qualitativi e quantitativi particolarmente apprezzabili. Nel 1547, infatti, sempre a Modena, i "lardaroli e salsicciai" che sino ad allora erano assimilati ai "beccari" si costituirono in corporazione autonoma; la loro arte era riconosciuta anche oltre i confini della città e Modena, in questo campo, era un vero e proprio punto di riferimento.

D.4.2.8 Del prosciutto in particolare, si cibavano anche i componenti delle fastose corti rinascimentali, tra le quali una delle più rappresentative era quella del Duca di Modena; il prosciutto non consumato direttamente, a conferma del suo pregio, non veniva scartato ma riutilizzato con ricette tramandate fino a noi come i famosi "tortellini". Della preparazione del prosciutto ne riferisce Padre Giuseppe Falcone nel suo trattato di agricoltura "Nuova Villa", allorquando cita che in Emilia esiste "l'antica specializzazione sull'allevamento dei maiali e nella lavorazione delle carni suine", precisando che " .... Non può star bene una villa senza porci, animali si utili, e di molta cavata .... i prosciutti nostrani si tengono tre settimane sotto sale in tre settimane le mezene restano salate, e si possono levar di sale,lavandoli con acqua di fiume".

D.4.2.9 Tra il '600 e l'800 la lavorazione della carne di maiale si consolida e numerosissime sono le testimonianze scritte di tale arte. Una volta macellati i maiali venivano commercializzati a Modena come " ... salsizza rossa, salame nuovo, salame vecchio, pancetta, prosciutto, distrutto, lardo songia, cotteghino fino crudo, cotteghino fino cotto ..." come scrive il Malvasia. Nel 1670 nelle carte della Camera ducale estense, in un lungo elenco di rifornimenti della cucina del cardinale Rinaldo, compare la raffinata distinzione fra prosciutti "di montagna" e prosciutti "nostrani" con particolare predilezione per la qualità dei primi. Anche il Belloi (1704) nella sua cronaca "Del più moderno Stato di Vignola" esalta la qualità delle carni suine della zona pedemontana e collinare e l'industria della macellazione della carne suina, tanto che nel 1885 Arsenio Crespellani, nella sua cicalata "Passeggiata in tramway a vapore Bologna-Bazzano-Vignola" scrisse, proprio avvicinandosi a quest'ultima tappa " .. fertili sono i terreni della collina e dell'altopiano, producendo in copia cereali, frutta e foraggi; fertilissime le basse. che oltre ai suddetti prodotti danno foglia da gelso in abbondanza, e bella saporita ortaglia .... Le industrie principali sono la manipolazione delle carni porcine, specialmente il rinomato prosciutto ...".

D.4.2.10 L'importanza del suino e della lavorazione delle sue carni è poi cresciuta, nella nostra provincia, con il nostro secolo. Riporta la relazione sull'andamento economico della Provincia di Modena nell'anno 1929, a cura del Consiglio Provinciale dell'economia di Modena: " L'industria dei salumi ha avuto, nel biennio 1928-1929, un andamento abbastanza regolare, consentendo però, in generale, utili piuttosto modesti. La produzione delle rinomate specialità locali, e specialmente zamponi, mortadelle e cotechini, ecc. è stata nel 1929, discreta ed ha continuato ad alimentare la normale nostra corrente di esportazioni specialmente nei paesi dove prosperano numerose colonie di connazionali. L'industria è stata inoltre favorita dai prezzi dei suini grassi, che si sono mantenuti piuttosto bassi. Andamento pressoché analogo ha avuto l'industria della salagione dei prosciutti, che gode in questa Provincia meritata fama …".

E
Metodi di ottenimento del prodotto

E.1 I metodi di ottenimento del prosciutto di Modena sono contemplati e codificati dalla legge 12 gennaio 1990 n.11.

E.2 Sono confermate le metodologie e le prescrizioni relative alla materia prima, già illustrate nelle schede B e C del presente disciplinare.

E.3 Il procedimento per la lavorazione delle cosce suine fresche corrispondente alle prescrizioni e ai requisiti già indicati nel presente disciplinare è illustralo di seguito, mediante la elencazione delle diverse fasi del procedimento produttivo.

La lavorazione del prosciutto di Modena prevede 8 fasi:

1) Isolamento

2) Raffreddamento

3) Rifilatura

4) Salagione

5) Riposo

6) Lavaggio

7) Asciugamento

8) Stagionatura

E.3.1 Isolamento

Il maiale, dal quale si ricava la coscia fresca da impiegare nella preparazione del prosciutto di Modena deve essere: sano, di razza bianca, alimentato nel trimestre precedente la macellazione con sostanze tali da limitare l'apporto di grassi ad una percentuale inferiore al 10%, riposato e a digiuno. Dopo la macellazione si procede al sezionamento della coscia, quindi al suo inoltro presso lo stabilimento di produzione dove viene subito sottoposta ai necessari controlli.

E.3.2 Raffreddamento

Le cosce fresche ritenute idonee vengono sistemate in apposita cella, dove sostano per il periodo necessario a consentire il raggiungimento di una temperatura delle carni attorno agli 0 gradi centigradi; in tal modo la carne raggiunge la giusta consistenza ed una uniforme temperatura, facilitando così la successiva operazione di salagione in quanto una coscia troppo fredda assorbirebbe poco sale, mentre una coscia non sufficientemente fredda potrebbe subire fenomeni di deterioramento.

E.3.3 Rifilatura

La fase di rifilatura consiste nell'asportare grasso e cotenna in modo da conferire al prosciutto la classica fonda tondeggiante a pera. La rifilatura oltre a conferire il taglio tipico consente:

a) di correggere eventuali imperfezioni dei taglio

b) di agevolare il verificarsi di condizioni ottimali per la successiva penetrazione del sale

c) di identificare eventuali condizioni tecniche pregiudizievoli ai fini della successiva lavorazione.

Le cosce impiegate per la produzione del prosciutto di Modena non devono subire alcun trattamento ad eccezione della refrigerazione.

E.3.4 Salagione

E.3.4.1 Le cosce rifilate vengono quindi sottoposte alla salagione, effettuata con il seguente procedimento:

E.3.4.2 Le cosce vengono asperse con sale, in modo che venga coperta sia la superficie esposta del lato interno che la cotenna. Per questa operazione la coscia rimane adagiata su un piano orizzontale.

E.3.4.3 Preliminarmente o contemporaneamente le cosce sono massaggiate con procedimenti manuali o meccanici onde predisporre la carne al ricevimento del sale e verificarne, con opportune pressioni puntuali, il perfetto dissanguamento.

E.3.4.4 Per la salagione viene utilizzato cloruro di sodio, nonché ogni trattamento chimico consentito dalle norme vigenti, comunque con esclusione di procedimenti di affumicatura.

E.3.4.5 Mantenute sempre su un piano orizzontale, le cosce salate vengono sistemate in apposita cella, detta di "primo sale", dove rimangono per un periodo variabile tra i 5 e i 7 giorni ad una temperatura oscillante tra 0 e 4 gradi centigradi e con una umidità relativa che varia tra 80% e 90%.

E.3.4.6 Trascorso tale periodo, le cosce vengono prelevate dalla cella, il sale residuale viene asportato dalla superficie, viene ripetuto il massaggio e, infine, viene ripetuta l'aspersione con ulteriore sale, secondo le modalità descritte.

E.3.4.7 Riposte in cella, detta di "secondo sale", le cosce salate vi rimangono per ulteriori 12/15 giorni cioè fino a compimento della durata del processo di salagione, nelle medesime condizioni ambientali. Durante l'intero processo il prosciutto assorbe lentamente sale e cede parte della sua umidità.

E.3.5 Riposo

Dopo aver eliminato il sale residuo le cosce salate vengono poste in una sala apposita, per un periodo non inferiore a 60 giorni, in funzione della pezzatura e delle esigenze tecnologiche, a condizioni di umidità variabile tra il 65% ed il 75% ed una temperatura compresa tra i 2 e i 5 gradi centigradi. Nel corso della fase di riposo, il sale assorbito penetra con graduale omogeneità all'interno della massa muscolare, distribuendosi in modo uniforme. Vi si esercita la funzione preposta alla prosecuzione del processo di disidratazione, iniziata con il trattamento con il sale e le basse temperature.

E.3.6 Lavaggio

Ultimato il riposo, la coscia viene sottoposta ad una "lavatura" definitiva, mediante l'applicazione sulla superficie esterna di spazzolatura e di getti d'acqua miscelati con aria, ad una temperatura non superiore a 50 gradi centigradi. Oltre ad un effetto completamente rivitalizzante, il lavaggio rimuove tutte le formazioni superficiali prodottisi durante la salatura e riposo per effetto della disidratazione e tonifica i tessuti esterni. Prima del lavaggio le cosce vengono "toelettate" e, cioè, rifinite sul piano superficiale dagli effetti del sopravvenuto calo di peso.

E.3.7 Asciugamento

Dopo averle fatte sgocciolare dall'acqua le cosce entrano nell'essiccatoio a 24/26 gradi centigradi per un periodo che varia tra le 5 e le 10 ore in rapporto alla quantità del prodotto, con una umidità relativa molto alta (caldo umido 85/90%). Raggiunti questi livelli, si interviene con le batterie a freddo e si inizia cosi la vera fase deumidificante che può durare circa una settimana a seconda dei carichi e delle modalità di impiego delle apparecchiature. La variabilità dei valori è funzionale alle tecniche del trattamento successivo, la stagionatura.

E.3.8 Stagionatura

La fase della stagionatura si può dividere in due periodi: la prestagionatura e la stagionatura vera e propria. Nella prestagionatura prosegue il processo di rinvenimento-acclimatamento delle carni a temperature variabili progressivamente tra i 10 e i 20 gradi centigradi, in condizioni di umidità in progressiva riduzione.

E così, in ogni caso, dopo l'asciugamento e l'eventuale prestagionatura, i prosciutti - a questo punto è più proprio chiamarli prosciutti anziché cosce suine - vengono trasferiti in appositi saloni di stagionatura, ambienti le cui condizioni di umidità e temperatura sono normalmente naturali, grazie all'esistenza e all'apertura quotidiana delle numerose finestre delle quali sono dotati, disposti in funzione trasversale rispetto alla disposizione dei prosciutti che, quindi, sono continuamente tutti sollecitati dall'aerazione naturale.

Solo quando le condizioni climatiche ed ambientali esterne presentano irregolarità od anomalie rispetto ai normali andamenti stagionali, è ammesso l'uso di impianti di climatizzazione di tipo "domestico" tali comunque da impiegare l'aria esterna.

Il processo di stagionatura dura nominalmente otto mesi; la relativa durata è tuttavia sempre funzionale alla pezzatura della partita ed è variabile in funzione di essa, fermi i limiti minimi del ciclo completo di lavorazione descritti nel proseguo.

Nel corso della stagionatura, nelle carni si verificano i processi biochimici ed enzimatici che completano il processo di conservazione indotto dalle precedenti lavorazioni, determinando le proprietà organolettiche caratteristiche grazie all'apporto dell'ambiente naturale esterno (poca umidità, ventilazione naturale che determinano l'aroma ed il gusto del prodotto).

Durante la stagionatura non avviene quindi alcun procedimento specifico di lavorazione, eccettuata la cosiddetta "sugnatura" (o "stuccatura"), operata una o due volte mediante rivestimento in superficie della porzione scoperta del prosciutto, con un impasto composto di sugna o strutto, sale, pepe e derivati di cereali, applicato finemente ed uniformemente mediante massaggio manuale.

Tale preparato e relativa applicazione hanno esclusivamente tecniche di ammorbidimento della superficie esterna non coperta dalla cotenna e di contemporanea protezione della stessa dagli agenti esterni, senza compromettere la prosecuzione dell'azione osmotica. Per tale ragione, la legislazione italiana non considera la sugna un ingrediente.

E.4 Il periodo minimo che comprende la durata del processo complessivo di lavorazione, dalla salagione alla ultimazione della stagionatura, si definisce come di seguito.

E.4.1 Essendo la durata del processo tradizionalmente commisurata al peso medio unitario espresso dalla partita, ai fini del presente disciplinare il periodo minimo di lavorazione scade nel corso del dodicesimo mese dalla salagione; tale scadenza può essere anticipata al decimo mese, a condizione che venga riferita a partite omogenee la cui pezzatura iniziale sia inferiore a 12 chilogrammi.

E.4.2 La valutazione del completamento del processo resta quindi collegata alle esigenze obiettive di lavorazione ed alle condizioni e caratteristiche proprie del prodotto. Quindi, le indicazioni del presente disciplinare hanno rilevanza di normazione per quanto attiene alla esecuzione dei controlli e delle verifiche qualitative, relative all'osservanza dei requisiti previsti dal disciplinare stesso e quindi per l'apposizione del contrassegno di cui ai punti B.1 e H.3.1.

E.4.3 Infatti, ai fini del presente disciplinare il completamento del processo di produzione viene attestato dalla apposizione del contrassegno costitutivo o distintivo d'origine, indicato al punto B.1 ed apposto nei modi descritti nella successiva scheda G.

Le successive fasi di affettamento e confezionamento, non essendo propriamente fasi produttive in quanto non incidono sulle caratteristiche del prodotto finale, ma ne trasformano semplicemente l’aspetto e la porzionatura ai fini della vendita, vengono regolate da provvedimenti interni volti anche a disciplinare le verifiche ed i controlli presso gli operatori abilitato ad effettuare tali operazioni.

E.5 Onde consentire la standardizzazione del metodo di ottenimento indicato nel presente disciplinare, i produttori interessati devono osservare le prescrizioni contenutevi e, inoltre, assicurare la rispondenza degli impianti di trasformazione ai requisiti di seguito indicati.

E.5.1 Gli stabilimenti ("prosciuttifici") che intendono produrre il prosciutto di Modena devono essere preventivamente riconosciuti dal Ministero dell'industria, Commercio e Artigianato, depositando apposita istanza contenente:

a) l'iscrizione alla Camera di Commercio, industria e Artigianato competente per territorio;

b) la denominazione e la sede della ditta;

c) la sede dello stabilimento in uno dei Comuni previsti dall’art. 1 della legge 12 gennaio 1990 n. 11;

d) l'indicazione della capacità produttiva espressa mediante il numero complessivo massimo delle cosce suine avviabili alla lavorazione nel corso di un anno solare;

e) gli estremi dell'autorizzazione sanitaria in conformità alle norme vigenti in materia.

E.5.2 Il Ministero dell'Industria, Commercio e Artigianato, verificato il possesso dei requisiti richiesti, riconosce io stabilimento mediante l’attribuzione di un codice numerico di identificazione.

E 5.3 Per essere idonei alla produzione del prosciutto di Modena, gli stabilimenti, in possesso delle autorizzazioni previste dalle vigenti norme di carattere igienico - sanitario, devono essere almeno muniti di:

- locale per il ricevimento e il primo trattamento delle cosce suine;

- celle dotate di apparecchiature e sistemi idonei a mantenere l'umidità e le temperature ai livelli prescritti dalle leggi vigenti e dal presente disciplinare, per le fasi di salagione e riposo;

- altri locali indipendenti per le operazioni di stagionatura.

E.5.4 I locali di stagionatura devono essere muniti di superfici finestrate tali da consentire un opportuna ventilazione naturale e un adeguato ricambio dell'aria. Tali locali possono essere muniti di attrezzature idonee a mantenere il giusto equilibrio e le caratteristiche tenno–igrometriche, proprie dell’ambiente della zona geografica indicata al punto C.1.

E.6 L’eventuale trasferimento di prosciutti in corso di lavorazione da uno stabilimento riconosciuto ad un altro, per qualsiasi ragione, è consentito solo dopo che siano trascorsi i primi 6 mesi della lavorazione.

E.6.1 Il trasferimento e consentito in deroga alle precedenti disposizioni solo laddove sussistano provate motivazioni di forza maggiore tali da pregiudicare la lavorazione dei prosciutti o determinare la loro perdita o il loro deperimento. Valgono anche in questo caso le prescrizioni del paragrafo precedente.

E.6.2 Tutte le procedure di cui alla presente scheda E sono assoggettate ai controlli esercitati dall'organismo abilitato ai sensi della legge 12 gennaio 1990 n 11, che li espleta con le modalità indicate nella successiva scheda G.

E.7.1 Il veterinario ufficiale incaricato della vigilanza sanitaria mette a disposizione, previa espressa richiesta, tutti gli atti d’ufficio ritenuti necessari per controllare il regolare svolgimento delle operazioni e l'osservanza delle prescrizioni previste dal presente disciplinare.

E.8 Ogni singolo stabilimento riconosciuto deve tenere un registro, suddiviso in fogli mensili; le registrazioni devono essere effettuate nella parte mensile del registro corrispondente al mese ed all’anno indicati nel sigillo di cui alla lettera d) del punto H.3.2.

E.8.1 Su tale registro vengono annotate le scritture relative al prodotto lavorato con le procedure previste dal presente disciplinare, nonché in apposita sezione le eventuali decisioni dell’organismo abilitato

E.8.2 Il produttore è tenuto alla conservazione delle dichiarazioni, dei documenti rilasciatigli dall'organismo abilitato e dei registri che devono essere regolarmente vidimati dall'organismo abilitato e regolarmente compilati.

E.9 Il produttore è inoltre tenuto ad osservare particolari prescrizioni relative alle procedure di controllo ed ai relativi esiti.

E.10 Vengono sintetizzate di seguito le procedure di controllo attuate dall'organismo abilitato:

E.10.1 Per ognuna delle partite di cosce suine fresche ricevute allo scopo di avviare alla lavorazione del prodotto a denominazione di origine, il produttore deve richiedere all'organismo abilitato l'espletamento dei controlli necessari per l'apposizione del sigillo di cui alla lettera d) del punto H.3.2.

E.10.2 L'organismo abilitato effettua le verifiche necessarie ad accertare il riscontro dei requisiti prescritti dal presente disciplinare ed autorizza l'apposizione del sigillo, che viene effettuata a cura del produttore;

E.10.3 L'organismo abilitato verbalizza gli esiti del controllo, e può vietare l'apposizione del sigillo quando sia accertata la mancanza dei requisiti necessari, anche in dipendenza delle specifiche tecniche, e quando:

a) le cosce non sono accompagnate dalla documentazione indicata di cui ai punti C.10.6 e C.10.7;

b) le cosce non recano i timbri previsti ai punti C.9.3, C.9.6 (se del caso) e C.10.4;

c) le cosce risultano ricavate da suini macellati da meno di 24 ore o da oltre 120 ore.

Ai fini della precedente lettera c) e, in ogni caso, ai fini del controllo, l'organismo abilitato prende visione della competente documentazione sanitaria di accompagnamento.

E.10.4 Le condizioni di non conformità alle disposizioni del presente disciplinare possono essere accertate anche successivamente all'apposizione del sigillo; in tal caso l'organismo abilitato ne dispone la rimozione, verbalizzandone le circostanze.

E.10.5 Il produttore può far valere le proprie ragioni di dissenso rispetto all'operato dell'organismo abilitato, richiedendone la verbalizzazione e, inoltre, chiedendo un riesame tecnico del prodotto.

E.10.6 Durante le fasi della lavorazione l'organismo abilitato può operare controlli ed ispezioni, sia per effettuare verifiche ed esami sulle carni, sia per accertare la regolarità della tenuta dei registri e di ogni altra documentazione, sia per constatare che le modalità di lavorazione corrispondano alle prescrizioni del presente disciplinare.

E.10.7 Per autorizzare l'apposizione del contrassegno sul prosciutto stagionato, l'organismo abilitato controlla:

a) il compimento del periodo minimo di stagionatura prescritto dall'articolo 2 comma 2 della legge 12 gennaio 1990 n. 11

b) la conformità delle modalità di lavorazione

c) l'assenza di pregiudiziali tecnologiche e qualitative;

d) il rispetto dell'osservanza dei parametri analitici di cui ai punti da B.3.3 a B.3.6;

e) il riscontro dei requisiti organolettici e qualitativi previsti dal presente disciplinare nonché delle caratteristiche merceologiche prescritte dall'articolo 3 della legge 12 gennaio 1990 n. 11.

E.10.8 Per i fini suindicati l'organismo abilitato procede alla "spillatura" (puntatura), che consiste nel sondaggio della carne in punti particolari effettuato con un sottile osso di cavallo, la cui porosità riesce a trattenere e trasferire gli aromi dopo una rapida introduzione, di un numero di prosciutti sufficienti per ricavarne un giudizio probante di qualità; se necessario, può ispezionare il prodotto, disponendo l'apertura di prosciutti fino ad un massimo di 5 per mille o frazione di mille. In questo caso i prosciutti restano comunque a carico del produttore.

E.10.9 Le caratteristiche organolettiche sono valutate nel loro insieme, potendosi operare una compensazione solo per lievissime deficienze nel caso sia stata verificata l'osservanza dei parametri analitici.

E.10.10 Il contrassegno di cui al punto B.1 ed H.3.1 è apposto, alla presenza dell'organismo abilitato, a cura del produttore e può essere applicato anche in più punti sulla cotenna del prosciutto, in modo da restare visibile fino alla completa utilizzazione del prodotto.

E.10.11 L’organismo abilitato custodisce gli strumenti per l'apposizione del contrassegno e li affida ai propri incaricati sulla base dei programmi operativi concertati su richiesta dei produttori.

E.10.12 Gli strumenti per l'applicazione del contrassegno recano il numero di identificazione del produttore che, quindi, viene riprodotto in uno col contrassegno stesso.

E.10.13 Delle operazioni di controllo e di apposizione del contrassegno l'organismo abilitato redige apposito verbale secondo prefissate indicazioni e prescrizioni.

E.10.14 I prosciutti non idonei ai fini del presente disciplinare, sono privati del sigillo appostovi all'inizio della lavorazione, mediante procedure disposte dall'organismo abilitato che ne verbalizza gli esiti e presenzia alle operazioni, svolte a cura del produttore.

E.10.15 Nelle circostanze in cui l'organismo abilitato accerti condizioni di inidoneità o non conformità, per qualsiasi ragione, alle prescrizioni del presente disciplinare, su prosciutti sui quali è già stato apposto il contrassegno, ne dispone seduta stante l'annullamento mediante asportazione.

E.10.16 Tali operazioni vanno verbalizzate a cura dell'organismo abilitato e il produttore può giovarsi delle facoltà di riesame tecnico previste ai punti precedenti.

E.10.17 Eventuali esigenze del produttore relative al sezionamento in tranci di prosciutti idonei alla apposizione del contrassegno, vengono preventivamente notificate all'organismo abilitato.

F
Legame con l'ambiente geografico

F.1 Gli elementi riportati nella precedente scheda D a testimonianza della originalità del Prosciutto di Modena e della relativa materia prima dalle aree geografiche rispettivamente delimitate consentono già di dimostrare ampiamente. attraverso l'excursus storico, lo stretto e profondo legame tra le produzioni agricole e la trasformazione del prodotto con le aree di riferimento, legame vieppiù rinsaldato e confermate dall'evoluzione dei fattori sociali, economici, produttivi e di esperienza umana consolidatasi e stratificatasi nel corso dei secoli Per quanto riguarda l'area delimitata della provenienza della materia prima (animali vivi e carni) esistono fattori geografici, ambientali e di esperienza produttiva nell'allevamento assolutamente costanti e caratterizzanti. Per quanto riguarda viceversa la più ristretta zona di trasformazione nella quale insistono tutti i prosciuttifici riconosciuti, i fattori ambientali, climatici, naturali ed umani costituiscono, nella loro irripetibile combinazione, un irriproducibile "unicum".

G
Struttura di controllo

G.1 Ai sensi dell’art. 10 del regolamento CEE n. 2081/92 il Ministero per le politiche agricole provvederà alla designazione, su proposta dei soggetti interessati, di un organismo privato di controllo, previo accertamento dei requisiti previsti dal comma 3 del predetto articolo. Tale organismo sottoposto alla vigilanza del Ministero, provvederà a garantire che venga rispettato quanto previsto dal presente disciplinare di produzione nelle varie fasi della filiera produttiva..

G.2 La Legge della Repubblica italiana del 12/01/1990 n. 11, inoltre, al capo III art. 6, dispone che la vigilanza per l'applicazione delle disposizioni in essa contenute è attribuita, per quanto di rispettiva competenza, al Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, al Ministero dell'Agricoltura (dicastero che è oggi soppresso e sostituito dal Ministero per il coordinamento delle politiche agricole, alimentari e forestali) e al Ministero della Sanità.

G.3 La stessa legge, articolo 7, prevede che il Ministro dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato di concerto con il Ministro della Sanità e con il Ministro dell'Agricoltura e delle foreste possa demandare l'incarico della vigilanza ad un Consorzio volontario di produttori che presenti i seguenti requisiti:

a) sia retto da uno statuto approvato dai Ministri indicati al punto G.2;

b) comprenda tra i soci non meno del 50% dei produttori in rappresentanza del 50% almeno della produzione tutelata dell'ultimo triennio;

c) garantisca per la sua costituzione ed organizzazione e per i mezzi finanziari di cui dispone, un efficace ed imparziale svolgimento delle attività istituzionali;

d) sia retto da un Consiglio di Amministrazione del quale facciano parte tre membri nominati dalle organizzazioni professionali agricole più rappresentative sul piano nazionale;

e) sia assistito da una Commissione tecnico-scientifica comprendente un esperto di chiara fama, un esperto nominato dal Ministro dell'Agricoltura e delle foreste, un esperto nominato dal Ministro della Sanità e tre esperti nominati dal Presidente della Giunta della Regione Emilia Romagna, sentiti i Presidenti delle Province di Modena, Bologna e Reggio Emilia. Tale Commissione è presieduta dal Presidente del Consorzio del Prosciutto di Modena.

L'incarico in qualità di organismo abilitato deve essere richiesto dal Consorzio volontario con la contestuale dimostrazione dei requisiti previsti.

G.4 Il personale dell'organismo abilitato incaricato della vigilanza può svolgere ispezioni e indagini e richiedere l'esibizione di ogni documentazione ritenuta utile, nonché ottenere copia della stessa anche ai fini della rilevazione degli illeciti amministrativi e penali previsti dalla Legge nazionale più volte citata; può accedere liberamente presso gli allevatori, i macellatori ed i produttori, nonché presso i fornitori di materiali, prodotti e servizi rientranti nel circuito della produzione tutelata e, in genere, ovunque si producano si distribuiscano a qualsiasi titolo per il consumo, o si smercino, prosciutti.

G.5 Gli organi di vigilanza diversi dall'organismo abilitato, in sede nazionale, qualora accertino violazione della Legge e dei relativi Regolamenti, inviano immediatamente per l'ulteriore seguito il rapporto all'organismo abilitato, con la prova delle eseguite contestazioni.

G.6 L'espletamento dei compiti di vigilanza affidati al Consorzio è svolto da ispettori cui è riconosciuta la qualifica di agenti di polizia giudiziaria, ai sensi dell'art. 57 del Codice di procedura penale della Repubblica Italiana, previa attribuzione da parte del Prefetto di Modena della qualifica di guardia particolare, ai sensi degli arti. 133 e 138 del Regio Decreto 1931 n. 773 e del relativo regolamento.

G.7 L'organismo abilitato emana un regolamento organico del personale di vigilanza e di quello comunque addetto alle operazioni previste in applicazione della disciplina di legge.

G.8 Il Consorzio del Prosciutto di Modena possiede i requisiti sostanziali necessari per ottenere l'affidamento dell'incarico di vigilanza ed è in grado di adeguare l'attuale statuto con l'inclusione e la nomina delle varie figure istituzionali richieste.G.9 Attualmente, ai fini del Reg. CEE n. 2081/92 art. 4, lettera g), le funzioni di controllo e vigilanza sono esercitate per quanto di rispettiva competenza, dal Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, dal Ministero della Sanità e dal Ministero dell'Agricoltura e delle foreste.

H
Elementi specifici dell'etichettatura connessi alla dicitura Dop e diciture tradizionali nazionali equivalenti

H.1 Le norme nazionali relative alla protezione giuridica della denominazione di origine Prosciutto di Modena" impongono di integrare il presente disciplinare con elementi diversi da quelli della mera etichettatura.

H.2 Secondo la disciplina nazionale vigente, il contrassegno previsto dall'art. 5 della legge 12 gennaio 1990, n. 11 è elemento costitutivo ed identificativo della denominazione del prodotto e, quindi, molto più efficace in termini sostanziali e giuridici del rinvio ai sistemi di etichettatura del prodotto che, per quanto normali, appartengono comunque ad una prassi "vigilata" e non direttamente "controllata" dall'organismo abilitato.

H.2.1 Si rinvia a quanto a più riprese già indicato, per sottolineare che il contrassegno in questione viene apposto sotto la diretta sorveglianza e responsabilità dell'organismo abilitato, ulteriormente controllato e vigilato dall'Autorità nazionale di controllo e che il contrassegno stesso è il solo elemento che comprova la rispondenza del prodotto alla disciplina giuridica nazionale di protezione.

H.2.2 Inoltre, come peraltro previsto dal presente disciplinare, la norma nazionale di protezione prevede l'apposizione - preliminare rispetto all'apposizione del contrassegno - di tutta una serie di timbri, segni e sigilli (non meno di tre e non più di quattro), il cui riscontro è funzionale ed indispensabile per attestare la rispondenza del prodotto - anche in corso di lavorazione - ai requisiti ed agli adempimenti che risultano obbligatori per i diversi soggetti produttivi, interagenti nel sistema di filiera che forma "il circuito della produzione tutelata". Data la sostanziale coincidenza della zona di approvvigionamento della materia prima (riconoscimento e codifica degli allevatori e macellatori effettuato in modo univoco dai quattro Consorzi di tutela oggi esistenti in Italia), le verifiche e le ispezioni effettuate contemporaneamente ed in modo incrociato da parte dei Consorzi di Parma, San Daniele, Modena e Veneto-Berico-Euganeo, rendono oltremodo efficace la funzione di controllo, fino alla fase della macellazione.

H.2.3 La presenza ed il riscontro di tali elementi è inoltre funzionale - in sede di attività di "vigilanza" in ambiti diversi ed estranei a quello della produzione - a consentire una tempestiva riprova della autenticità del contrassegno, stante la possibilità - peraltro non del tutto infrequente - che venga immesso al consumo prodotto dotato di un contrassegno contraffatto.

H.3 Tutto ciò premesso, ai fini del presente disciplinare, gli elementi specifici previsti dall'art. 4 lettera h), del Reg.(CEE) n. 2081/92 sono indicati così come segue.

H.3.1 Il "Prosciutto di Modena" è permanentemente identificato dal contrassegno apposto sulla cotenna ai sensi dell'art. 5 della legge 12 gennaio 1990 n. 11.

H.3.2 Per ottenere il contrassegno di cui al punto precedente e, comunque, anche dopo la relativa apposizione, il prosciutto di Modena deve recare inoltre anche i seguenti timbri e/o sigilli:

a) timbro di cui al punto C.9.3, apposto dall'allevatore;

b) timbro di cui al punto C.9.6, apposto dall'allevatore nelle circostanze consideratevi (se questo timbro non sussiste, quello viceversa esistente riporta lo stesso codice di identificazione dell'allevatore prestampato sulla dichiarazione di cui al punto C.9.10);

e) timbro di cui al punto C.10.4, apposto dal macellatore;

d) il sigillo (o timbro a fuoco) apposto dal produttore prima della salagione, riproducente il mese e l'anno d'inizio della lavorazione, cosi come previsto dal punto E.10.1

Il contrassegno di cui al punto H.3.1 comprende come parte integrante il numero di codice di identificazione del produttore.

H.3.3 Il contrassegno, i timbri e i sigilli sono apposti con le modalità previste dal presente disciplinare.

H.3.4 Il contrassegno, il timbro di cui alla lettera c) del punto H.3.2 e il sigillo sono approvati, anche ai fini del presente disciplinare, dalla autorità nazionale di controllo.

H.4 Inoltre ai fini del presente disciplinare:

H.4.1 l'etichettatura del prosciutto di Modena intero con osso reca le seguenti indicazioni obbligatorie:

- "prosciutto di Modena" seguita da "denominazione di origine tutelata";

- il nome o la ragione sociale o il marchio depositato del produttore o del venditore;

- la sede dello stabilimento di confezionamento;

H.4.2 l'etichettatura del prosciutto di Modena disossato intero, oppure presentato in tranci reca le seguenti indicazioni obbligatorie:

- "prosciutto di Modena" seguita da "denominazione di origine tutelata";

- il nome o la ragione sociale o il marchio depositato del produttore o del confezionatore o del venditore;

- la sede dello stabilimento di confezionamento;

- la data di produzione (inizio della lavorazione), qualora il sigillo o il timbro a fuoco non risulti più visibile per i fini di cui alla lettera d) del punto H.3.2;

- la quantità netta;

- il termine minimo di conservazione;

- la dicitura di identificazione del lotto.

H.4.3 L'etichettatura del prosciutto di Modena, per quanto non esplicitamente considerato nel presente disciplinare, avviene nei modi previsti dal Decreto Legislativo della Repubblica Italiana 27 gennaio 1992 n. 109 (attuazione delle direttive CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari).

H.5 Agli effetti del presente disciplinare valgono inoltre tutte le seguenti regole relative alla etichettatura del prosciutto di Modena:

H.5.1 è vietata l'utilizzazione di qualificativi come "classico", "autentico", "extra", "super" e di altre qualificazioni, menzioni ed attribuzioni abbinate alla denominazione di origine, ad esclusione di "disossato", nonché di altre indicazioni non specificamente qui previste, fatte salve le esigenze di adeguamento ad altre prescrizioni di legge;

H.5.2 i medesimi divieti valgono anche per la pubblicità e la promozione del prosciutto di Modena, in qualsiasi forma o contesto.

H.5.3 Qualora il prosciutto di Modena venga utilizzato quale ingrediente di un altro prodotto alimentare deve essere menzionato con la sola dicitura prosciutto.

H.6 Il contrassegno di cui al punto H.3.1 può essere ridotto sull'etichettatura del prosciutto di Modena, a condizione che il relativo contesto grafico e di presentazione sia stato preventivamente approvato dall'organismo abilitato, dietro formale richiesta degli interessati.

H.7 L'uso del contrassegno di cui al punto H.3.1 è comunque riservato all'organismo abilitato, che può utilizzarlo come proprio segno distintivo e autorizzarne l'uso per iniziative volte alla valorizzazione del prosciutto di Modena.

Versione italiana English version Versión española
Zootecnia Cani e gatti Coltivazioni erbacee Fruttiferi Coltivazioni forestali Insetti Prodotti tipici Funghi Parchi ed aree protette
Copyright © www.agraria.org - Codice ISSN 1970-2620 - Webmaster: Marco Salvaterra - info@agraria.org - Privacy