Vin Santo o Vino santo
Atlante dei prodotti tipici - Vini italiani

Introduzione

Vin Santo, un nome famoso nell'enologia italiana, un prodotto che ha radici e origini lontane, da sempre creato con tecniche empiriche tramandate oralmente da padre a figlio, come una preziosa eredità.
Il Vin Santo è un antico vino a colore ambrato più o meno carico, che per le sue particolari caratteristiche organolettiche diverse da quelle dei vini bianchi generalmente adatti ad antipasti, carni bianche e da pesce, viene invece consumato come dessert quando ha caratteristiche dolci e, potrebbe persino essere impiegato come aperitivo quando si presenta secco.
Nell'enologia toscana occupa un posto importante e di grande prestigio sin dal Medio Evo.
Il Vin Santo, enologicamente parlando, appartiene alla classificazione dei vini appassiti, come si dice volgarmente in Alta Italia, o vini di " paglia" come si usa dire in altre regioni perché le uve con cui si producono, oltre che sulle stuoie o appese alle "penzane" possono essere tenute ad appassire sulla paglia.
Il D.P.R del 5 Dicembre 1990 riconosce la Denominazione di Origine Controllata dei vini "Colli dell'Etruria Centrale" (rosso, rosato, bianco e Vin Santo).
Il disciplinare di produzione della D.O.C. "Colli dell'Etruria Centrale" Vin Santo prevede:
- Composizione ampelografica:
* Trebbiano toscano almeno 50%;
* Malvasia del Chianti fino al 5%;
* Pinot bianco o grigio, Chardonnay, Sauvignon, complessivamente dal 10 al 45%.
- La resa massima in vino dell'uva fresca destinata a produrre Vin Santo non deve essere superiore al 35%.
- Non è consentito l'arricchimento con mosto concentrato e mosto concentrato rettificato.
- Il periodo minimo di appassimento delle uve destinate alla produzione di Vin Santo non deve essere inferiore alla data del 20 dicembre, ma può protrarsi sino al 31 marzo dell'anno successivo.
- L'appassimento delle uve destinate alla vinificazione deve essere protratto fino a raggiungere un contenuto zuccherino non inferiore al 28%.
- La vinificazione del Vin Santo deve avvenire in appositi locali (Vinsantai) ed in recipienti di legno di capacità non superiore ad hl 5.
- L'immissione al consumo non può avvenire prima del terzo anno successivo al 1° dicembre dell'anno di produzione delle uve e deve rispondere alle seguenti fondamentali caratteristiche:
* colore: dal paglierino all'ambrato più o meno intenso;
* odore: etereo, intenso, aromatico;
* sapore: dal secco all'amabile, armonico;
* titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16% di cui almeno 14,5% svolto e 1,5% da svolgere nel tipo secco, 13% svolto e 3% da svolgere nel tipo amabile;
- Può essere immesso al consumo esclusivamente in recipienti confezionati e sigillati da 0,375 a 0,75 litri; sulla bottiglia deve essere indicata l'annata di produzione delle uve.

Schema di produzione del Vin Santo

Tipi di uva per Vin Santo e loro caratteristiche enologiche

Il Vin Santo si produce con uve che variano con il variare della località, tanto che in alcuni libri di enologia si afferma che l'uva che riesce a far del Vin Santo in un luogo, è difficile che lo sia ugualmente in un altro.
Da noi le uve più adatte a fare il Vin Santo sono il Trebbiano toscano, il Malvasia del Chianti, il Canaiolo bianco, il Pinot bianco o grigio, il Sauvignon e lo Chardonnay, anche se le ricette dei vitigni sono varie ed incostanti. La vendemmia è effettuata per il 79% dei casi, con gli scelti per il governo del chianti ottenendo già una selezione preliminare ; solo per un 14% si pratica la raccolta posticipata.
Sul piano fisiologico invece non tutte le uve si prestano a questa destinazione; meglio vanno quelle ad acini radi (grappoli spargoli) ed a buccia spessa, perché possono avvizzire in fase di appassimento, senza marcire.
Non basta: anche il terreno, l'esposizione, il sistema di allevamento incidono sui caratteri di serbevolezza. Le uve provenienti da terreni troppo fertili e freschi si conservano meno bene, perché troppo ricche di sostanze azotate. Le migliori uve saranno quelle provenienti da terreni secchi, ventilati, ben esposti, raccolte da tralci con sviluppo fogliare modesto e cresciute non troppo vicino a terra. Molto interessante, la presenza di pruina (patina cerosa). Non si possono preparare buoni vini santi se le uve non sono buone e mature. Parlando degli scelti per l'appassimento da Vin Santo, si deve togliere la punta dei grappoli (1/4 della loro lunghezza) perché è generalmente meno zuccherina e può solo servire a fare vini usuali. Oltre a ciò bisogna ritenere che torchiando uve ben mature sui graspi rimane zucchero, donde l'utilità di sgranellare. A questo proposito è interessante citare come già nella seconda metà del 700 si attribuiva molta importanza alla sgranellatura , allora denominata meglio come spicciolatura.
Nelle nostre zone, si usa raccogliere l'uva quando non è giunta ad eccessiva maturazione: in tal modo non si ha troppo stacco dell'acino dal picciolo, e si ottiene un prodotto più fruttato; ma queste sono solo considerazioni che si tramandano più da una pratica di tradizione che da una pratica tecnica. Oggi molti sono i mezzi per controllare quando l'uva ha raggiunto la maturità ottimale per eseguire la raccolta, da quelli fisici a quelli chimici. Il buon viticoltore sa però giudicare benissimo con la sua esperienza quale sia il momento più idoneo per l'inizio della vendemmia, ad esempio quando l'acino si stacca dal pedicello formando il cosiddetto pennello (costituito dai vasi) e la buccia si separa con estrema facilità dalla polpa. Secondo alcune teorie una troppo avanzata maturazione porta ad avere un indebolimento della buccia tendendo così più facilmente a marcire.

Appassimento delle uve e problemi relativi

Il problema dell'appassimento delle uve rappresenta sempre un'operazione difficile, costosa e poco pratica quando si devono sistemare notevoli quantità. Il Vin Santo è prodotto grazie alla vinificazione di uva appassita, posta in condizioni tali da arrivare ad una surmaturazione in modo da poter ottenere un allontanamento dell'acqua dagli acini, e di conseguenza una percentuale zuccherina maggiore.
Esistono vari metodi per fare appassire l'uva:
- appassimento sulla pianta (pratica non seguita in Toscana);
- appassimento negli appassitoi (sistema tradizionale seguito in Toscana);
- appassimento in appositi locali con ventilazione forzata.
L'appassimento sulla pianta consiste nel ritardare il periodo di vendemmia dell'uva destinata alla produzione di Vin Santo. Tale metodo è poco consigliabile, poiché i grappoli rimangono sottoposti agli agenti atmosferici troppo a lungo, con il rischio di poter essere attaccati da fattori negativi, come ad esempio l'insolazione, che provoca la degradazione di alcune sostanze organiche e della buccia, rischiando inoltre di essere colpiti da agenti biologici che portano all'acidificazione del grappolo, così da renderlo non idoneo alla vinsantizzazione.
Il mezzo storico, tradizionalmente impiegato in Toscana e un po' ovunque nel nostro paese, è ancora l'appassitoio, quella stanza o stanzone, nella quale si porta l'uva ad appassire sistemandola su stuoie, o in cassette di legno le quali permettono all'uva la perdita di acqua. L'appassitoio deve essere un locale molto sano, ben esposto e molto ventilato con temperature di circa 10°C-15°C. Nella preparazione del Vin Santo toscano ogni sistema di conservazione dell'uva è sempre a graspo secco, e il metodo classico e più comune è quello di mantenerla nell'appassitoio e di rinnovare l'aria molto spesso, collocando i grappoli scelti e mondi su graticci di canne. Sui cannicci, i grappoli devono essere esposti su un solo strato e meglio se fra un grappolo e l'altro corre un po' di spazio libero per la circolazione dell'aria. Le stuoie adoperate per appassire le uve sono fatte in canne; essendo formate da canne tessute con piante palustri hanno il vantaggio di lasciare tra loro dei piccoli spazi, per i quali passando l'aria, l'uva si mantiene aerata.
Il miglior metodo resta sicuramente quello a penzane, telai mobili in ferro opportunamente trattato, in posizione verticale appesi al soffitto. Questi, anche se un po' costosi, ci permettono di agganciare i grappoli (penzoli) distribuendoli in modo più uniforme, ottenendo una migliore areazione e occupando un minor spazio.

L'appassimento in questi locali permette il controllo totale e continuo dei grappoli, che non vengono esposti alle negatività provocate dall'ambiente esterno; si ha una contemporaneità del grado di appassimento in quanto tutta l'uva è posta in ambiente standard; infine abbiamo delle agevolazioni nella pratica di selezionamento dei singoli grappoli, i quali non devono essere attaccati da marciumi e non devono presentare rotture della buccia. Negli appassitoi è possibile adoperare anche dei mezzi tecnologici, come impianti di ventilazione forzata, che assorbono l'umidità impiegando aria ventilata calda.
L'appassitoio è bene che sia munito di reti del tipo zanzariere, in modo che non entrino insetti nocivi che possono danneggiare l'uva (specialmente api, vespe e moscerini). Questo locale viene spesso solforato e nei giorni umidi o di pioggia le finestre si chiudono. Nei comuni appassitoi l'uva può rimanere ad appassire per un periodo che varia da 20 giorni a 3 mesi circa.
I fattori che determinano un periodo più o meno lungo sono vari:
1. stato sanitario dell'uva alla raccolta, con particolare riguardo allo spessore e resistenza della sua buccia;
2. grado di calore e ventilazione degli appassitoi;
3. modalità di sistemazione dell'uva nell'appassitoio (cannicci, penzane, casse, ecc.);
4. andamento stagionale;
5. tipo di Vin Santo che si vuole ottenere (secco, semisecco, dolce).
Per ottenere 1 kg di uva appassita da Vin Santo occorrono almeno 3 kg di uva fresca e i cali variano secondo le annate e la relativa composizione dell'uva.
Durante l'appassimento l'uva non deve essere abbandonata a se stessa: periodicamente deve essere ripulita da quelle parti di grappolo che si presentano marcite, affinché la muffa ignobile non si diffonda sull'intera massa per eccessivo contagio, alterando il carattere fruttato dell'uva e conferendo ad essa odori sgradevoli.

L'importanza della muffa grigia

La Botrytis o muffa grigia, usata in forma larvata (non evidente all'esterno dellacino), fa evaporare acqua dagli acini e concentrare i costituenti stessi del succo degli acini attaccati da essa e soprattutto lo zucchero. La concentrazione di zucchero viene quasi raddoppiata nonostante una parte di esso venga utilizzata dal fungo come alimento, mentre un'altra frazione viene alterata a prodotti metabolici diversi che non si trovano nel succo di acini sani. Lo sviluppo della Botrytis in forma nobile sugli acini in Toscana non è un impresa facile a causa delle particolari condizioni climatiche richieste ed è quindi quasi sempre fuori portata dei nostri produttori. Tuttavia il produttore dovrebbe sforzarsi per favorire lo sviluppo di questo micete, specialmente quando è possibile operare in buoni appassitoi nei quali si può agire con i fattori fisici temperatura-umidità e ventilazione. Infatti è proprio l'alternarsi dei periodi umidi e caldi con quelli freschi e ventilati che ne favorisce lo sviluppo e non è difficile in particolari campagne e annate post vendemmia, constatare negli appassitoi delle bellissime distese di uva infavata.
Il mosto di uva infavata, essendo povero di azoto, stenta a fermentare e fornisce quasi sempre vini dolci. L'infavatura in alcune annate, è impedita od ostacolata dalle piogge intempestive che portano al marciume putrido, rovinando totalmente il vino. Essa si verifica meglio nei terreni che smaltiscono facilmente l'acqua e che si mantengono bene asciutti anche a stagione autunnale avanzata. I terreni più vocati sono quelli più silicei, sabbiosi, ciottolosi. Ben più difficile ottenere buoni risultati in terreni argillosi, compatti o troppo freschi. Con la muffa nobile il Vin Santo diventa più vellutato grazie ad una maggiore formazione di glicerina.

Metodo di ammostamento dell'uva appassita

Quando la percentuale zuccherina ha raggiunto tassi soddisfacenti (30%-40% per i Vinsanti dolci, e 25%-28% per i Vinsanti secchi), e le percentuali di contenuto di acqua hanno subito una sensibile diminuzione, i grappoli vengono avviati al processo di ammostamento.
L'uva così concentrata, passa alla spremitura previo scattivamento, operazione che consiste nel separare i grappoli marciti, oppure troppo carichi di muffa non buona (es. peronospora) o, se si vuol eseguire un lavoro più accurato, anche gli acini marciti, quelli immaturi e quelli vuotati dagli insetti.
Buona pratica è mantenere questo mosto carico di feccia e di vinaccia per 3-4 giorni ad una temperatura di 20-22°C allontanando successivamente il mosto e pressando la vinaccia.
La maggior parte dei produttori oggi esauriscono subito la vinaccia in presse orizzontali a basse pressioni in modo da non lacerare troppo la buccia dell'acino, ottenendo quindi sin dall'inizio un mosto esente da residui di vinacce. L'uva appassita deve essere introdotta nella pressa orizzontale a grappoli interi, non diraspata e senza alcun passaggio a coclee o altri mezzi meccanici a effetto frantumante o lesivo della buccia. Il mezzo di trasporto dell'uva appassita ancora migliore rimane la cassetta, che viene svuotata direttamente nella pressa e l'uva cade per gravità. Inoltre le presse orizzontali devono essere impiegate con particolare criterio, cioè, non facendole ruotare velocemente : le rotazioni troppo rapide creerebbero effetti negativi, sempre per i motivi precedentemente citati ( da 10 a 30-40 giri al massimo per minuto ). Con la pressatura ottenuta tramite presse idrauliche o pneumatiche non avvengono eccessive rotture di buccia, poiché si adoperano basse pressioni di esercizio e così tali mosti risultano più propensi all'autochiarificazione rispetto a quelli ottenuti per pigiatura.
Qualora si impieghino i tradizionali torchi, nel caso di piccole quantità di uva, bisogna non andare mai oltre una certa pressione (al massimo 1,5 atm) e poi lasciare sgocciolare molto. In questo modo si producono minori quantità di feccia.
Ottenuto il mosto, inizia la fase di fermentazione nel caratello.

La fermentazione in caratello

Dopo la decantazione più o meno parziale, ha inizio una delle fasi più importanti e determinanti per la qualità del Vin Santo: la fermentazione nei caratelli. Entrano quindi in gioco due fattori: quello microbiologico e quello della qualità del caratello. Il caratello per il mosto del Vin Santo deve essere robusto è ben cerchiato in ferro, per una maggior tenuta anche durante la fermentazione, per non riscontrare inconvenienti di cedimento. Questo vaso vinario è costituito da doghe in legno ( rovere o castagno ), con struttura simile alle botti, ma con capacità molto più piccole ( da 50 a 200 litri circa). In esso avviene sia la fermentazione del mosto che l'invecchiamento del Vin Santo. Dopo essere stato riempito fino all80-85% del suo volume. Il caratello viene chiuso ermeticamente in modo che possa avvenire la fermentazione. I caratelli sono posti in locali chiamati vinsanterie dove sono abbastanza sensibili alle temperature, cosicché si verificano ripetuti arresti della fermentazione, che permettono il selezionamento già dal 2° anno dei lieviti che comportano alte produzioni.
I fattori che influenzano la fermentazione sono:
- fattori biologici : le uve passite e botritizzate rilevano uno scarso numero di lieviti vinificatori ed una diminuzione delle sostanze azotate condizionando la fermentazione e rendendola più lenta e difficoltosa.
- fattori chimici: l'elevata concentrazione zuccherina induce ad un rallentamento di velocità di riproduzione dei lieviti e quindi della vinificazione, in quanto i batteri inizialmente sono inibiti da tali concentrazioni zuccherine. Soltanto successivamente al momento in cui si verifica l'autoselezione, di alcuni ceppi fungini resistenti, si potrà assistere ad una fermentazione più o meno regolare ( salvo interruzioni estive ed invernali ). L'innalzarsi del tasso alcolico può provocare una inibizione dei lieviti per azione diretta dell'etanolo.
- fattori climatici: le vinsanterie risentono sensibilmente le variazioni termiche dell'ambiente esterno, variando così velocemente la loro temperatura; tutto ciò acquista un ruolo determinante sulla riproduzione dei lieviti nel mosto, in quanto essi sono favoriti dalle medie-alte temperature, le quali risultano mancanti nel periodo di ammostamento.
Il Vin Santo viene tenuto nei caratelli per un minimo di 3 anni, periodo durante il quale avviene sia la fermentazione alcolica (specialmente in primavera ed autunno quando le temperature favoriscono i fermenti alcoligeni ) sia altre fermentazioni condotte da diversi tipi di batteri e muffe, le quali conferiscono al Vin Santo sostanze importanti per l'acquisizione di determinanti sapori ed odori. Se sussistono le condizioni ideali per la fermentazione, questa dovrebbe portare all'abbattimento di una buona percentuale di zuccheri ( 20-25% degli zuccheri totali ), così che la forte produzione di etanolo abbia effetto sia come elemento selezionante dei migliori lieviti, che come effetto di controllo sulle infezioni date da muffe e microrganismi. In seguito l'ambiente ossido riducente formatosi all'interno del caratello, ha la capacità di ridurre l'attività microbica, imponendo a quest'ultima una produzione lenta di alcool etilico. La fermentazione è influenzata anche dal crescente tenore di alcool etilico, il quale oltre una certa soglia, risulta una sostanza inibitrice. Questo accade soprattutto nei primi anni ( 1-1,5 anni ) di fermentazione/invecchiamento. Nel periodo successivo si può notare come i lieviti siano più resistenti e più produttivi, in virtù del fatto che i fermenti superstiti hanno subito una rigida auto selezione e da questa si sono evoluti ceppi di microrganismi resistenti alle condizioni sempre più avverse delle masse in fermentazione.
La fermentazione in bianco che inizia nei caratelli non assume un carattere tumultuoso, ma un carattere lento: questo per la peculiare composizione del mosto, per la piccola dimensione del caratello, per l'ambiente in cui sono posti i caratelli ( generalmente le vinsanterie sono sotto il tetto e non sono riscaldate ) e per la stagione ormai a clima freddo.
Importante è la chiusura del caratello: il tappo generalmente di sughero o di legno, ci permette di ottenere una chiusura a tenuta. Se la chiusura fosse blanda, oltre alla fuoriuscita del gas, si potrebbe avere più introduzione di aria, quindi di ossigeno attraverso gli interstizi fra cocchiume (foro situato sul diametro massimo della botte) e tappo. Da qui possono originarsi varianti microbiologiche e chimiche che portano a risultati organolettici diversi.

La madre del Vin Santo

Il metodo tradizionale, valido ancora tutt'oggi, anche se in parte da alcuni enologi criticato, è di usufruire del deposito feccioso finale avuto dall'ultimo travaso della vinsantizzazione, ossia la Madre, contenente quei ceppi di microrganismi resistenti atti alla fermentazione del Vin Santo. Essa è costituita da gommoresine (sostanze solide di origine vegetale), pectine, proteine, da lieviti e da batteri. Le pectine, le gommoresine, e le proteine apportano il vellutato, mentre i lieviti, generano composti aromatici gradevoli in questa categoria di vini. L'unico effetto negativo può essere quello della formazione di aldeide acetica in eccesso. E chiaro che se la madre è precedentemente derivata da un vinsanto organoletticamente non buono, verrà scartata ; al contrario le madri migliori verranno riutilizzate.
La fermentazione può venire affidata anche ai soli lieviti derivanti dalla feccia dell'uva ammostata, in assenza quindi della madre, anche se tale pratica è poco diffusa in Toscana.

L'invecchiamento del Vin Santo

Nel periodo di invecchiamento, durante il quale continua la produzione di alcool etilico, si possono rendere necessari i travasi, che consentono di separare il Vin Santo dalla componente fecciosa la Madre ; tale operazione può essere anche evitata, ma così facendo si aumentano i rischi di creare insediamenti di batteri dannosi, che nutrendosi di composti fecciosi, causano alterazioni alla qualità del prodotto. Il processo di invecchiamento del Vin Santo, è legato ad una molteplicità di fattori che si ripercuotono più o meno sulle caratteristiche organolettiche. L'invecchiamento consiste nel far sostare il Vin Santo nel caratello, riposto in vinsantaie per fargli assumere tutte le caratteristiche tipiche che un Vin Santo deve avere. I fattori che interagiscono all'invecchiamento del Vin Santo, sono: l'alcool, che svolge un ruolo assai importante sia per il tipo dolce, sia per il tipo secco, permettendo inoltre di conservare il prodotto per lunghissimo tempo; condizioni ottimali all'interno della vinsantaia, tecniche enologiche applicate nella produzione del Vin Santo, materiali e strutture con cui sono costruiti i caratelli.

Fig. 3 - Interno di vinsantaia tradizionale, il classico ambiente di sottotetto

La temperatura e l'umidità della vinsantaia, influiscono notevolmente sull'attività microbica e sulle diminuzioni della massa di Vin Santo. I tassi delle perdite da evaporazione sono influenzati da vari fattori, compresi la misura del contenitore, la qualità e spessore del legno, densità del Vin Santo, temperatura, lo stato di manutenzione del caratello ed il tipo di chiusura. Le perdite sono molto influenzate anche dalla percentuale di umidità relativa all'interno dei locali di conservazione, che per loro struttura sono quasi sempre insaturi di umidità ; queste condizioni comportano delle perdite di Vin Santo pari al 3,5% in caratelli di 200-250 litri, e del 10% in caratelli di 100 litri dal volume iniziale. Per limitare le perdite si usa effettuare la verniciatura ( il frequente bordo rosso ) e l'oliatura con olio di lino all'esterno del caratello. Entrambe queste pratiche non sono condivise enologicamente, in particolar modo l'oliatura della doga, che frequentemente porta a sapori e odori di rancido nel vino.
Un altro importantissimo fattore che incide notevolmente sulle caratteristiche finali del Vin Santo, è la sua ossidazione parziale durante il processo di invecchiamento; tale ossidazione (fatta eseguire se il vino ha già raggiunto un buon tenore alcolico, in modo da evitare intorbidamenti) è alla base della formazione del bouquet, cioè tutto l'insieme dei sapori e degli odori che arricchiscono le caratteristiche organolettiche del Vin Santo. Di norma un buon aiuto a questo fenomeno, viene dato durante l'esecuzione dei travasi e dell'entrata di ossigeno data dalla non perfetta chiusura dei caratelli, poiché si ottiene una perfetta ossigenazione della massa. E da ricordare comunque che un contatto prolungato con la feccia può portare alla formazione di sostanze che alterano il sapore e l'odore del Vin Santo ; il numero di travasi può variare da 1 a 2, ma spesso in Toscana si assiste a produzioni di Vin Santo che non hanno subito nessun travaso. Il prodotto invecchiato, sarà un vino molto alcolico (minimo 15° vol.), più o meno dolce (circa il 4% di zuccheri nei Vin Santi dolci) con le seguenti caratteristiche:
- colore : giallo ambrato/limpido
- odore : passito intenso per quelli dolci, etereo per quelli secchi, aromatico
- sapore : secco o dolce aromatico.

Il caratello del Vin Santo

Un ultimo fattore che merita menzione nel ciclo di preparazione del Vin Santo è il caratello. Nella produzione del Vin Santo, il caratello è oggetto di discussioni e di interpretazioni le più svariate, perché varie sono le qualità di caratelli impiegati per fermentare e conservare il Vin Santo. A volte questi caratelli di provenienza non Vin Santo vengono asciati e poi vaporizzati, oppure solo asciati e poi impiegati per la conservazione del Vin Santo. C'è chi impiega caratelli nuovi in rovere o in castagno, e in tal caso il prezzo di acquisto viene ad assommarsi al costo di produzione, già elevato di suo del Vin Santo.
Il rovere è il legno classico e più pregiato per l'enologia ed ha delle caratteristiche di densità, di durezza, di lavorabilità, di flessione per quanto riguarda i dati fisici e di profumo e sapore, per quanto riguarda i dati organolettici, che veramente sono ineguagliabili per fabbricare doghe da fusti e botti. Il tannino del legno di quercia è estratto senza difficoltà dal Vin Santo, dato il suo buon tasso alcolico ed insieme ad altri estratti è un contribuente importante allo sviluppo del profumo e del corpo durante la sua sosta di contatto. Il Vin Santo contiene anche una certa quantità di lignina, specialmente se invecchia in legno nuovo, e la lignina estratta dalla quercia è un componente importante del sapore e del profumo del Vin Santo invecchiato, specialmente nel tipo secco. Un fattore importante che incide sulla qualità del prodotto, è la porosità del legno; infatti proprio da questa dipendono sia la quantità di prodotto che evapora, sia i minimi scambi di ossigeno col prodotto in fermentazione/invecchiamento. Sicuramente un buon spessore della doga, un'ottimale densità del legno, il suo taglio secondo il senso longitudinale delle fibre, la sua piegatura e una perfetta cerchiatura, rappresentano tutti i fattori che contribuiscono a ridurre il tasso di evaporazione e di conseguenza anche i cali di conservazione del Vin Santo.

L'imbottigliamento del Vin Santo

Terminato l'invecchiamento (3 anni minimo), il Vin Santo viene tolto dal caratello per essere imbottigliato, subendo un processo di filtrazione, usufruendo filtri di cellulosa o filtri a cartone, in modo da separare le eventuali sospensioni presenti nel liquido e varie analisi chimiche. La maggior parte dei Vin Santi in commercio sono presentati in bottiglie di vetro così dette bianche o incolore. La ragione purtroppo è solo di marketing, di estetica commerciale, ma non di tecnica. Il vetro ideale è quello bruno scuro, o verde scuro, capace di filtrare quella parte di raggi luminosi che sono nocivi al vino. Il tappo, in sughero, deve essere di primissima scelta e di ottimali dimensioni. L'ideale, per una bottiglia bordolese è un sughero con diametro 25-25,5 mm e lunghezza almeno di 45 mm. La bottiglia deve essere posta orizzontalmente per 15 giorni, in modo che il tappo non rilasci la sua presa per effetto dell'eccessiva disidratazione ; consecutivamente la bottiglia può essere raddrizzata e conservata in tale posizione. Il costo di produzione del Vin Santo è elevatissimo: risparmiare nell'acquisto del sughero comporterebbe danni al valore organolettico ed economico di un prodotto molto prezioso.

BIBLIOGRAFIA

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