Ortrugo DOC
Atlante dei prodotti tipici - Vini DOP e IGP

Zona di produzione e storia

La zona di produzione delle uve idonee alla produzione del vino a denominazione di origine controllata “Ortrugo”, comprende il territorio a vocazione viticola delle colline piacentine ed include, in provincia di Piacenza, l’intero territorio amministrativo di: Caminata (escluso le isole amministrative in provincia di Pavia), Nibbiano, Pianello Val Tidone, Piozzano, Ziano Piacentino, ed in parte il territorio amministrativo dei comuni di: Agazzano, Alseno, Bettola, Bobbio, Borgonovo Val Tidone, Carpaneto Piacentino, Castell’Arquato, Castel San Giovanni, Coli, Gazzola, Gropparello, Lugagnano Val d’Arda, Pecorara, Ponte dell’Olio, Rivergaro, San Giorgio Piacentino, Travo, Vernasca e Vigolzone.

Piacenza da sempre produce vini ed il vino è coltura e tradizione; seppur influenze storiche, sociali, di migrazione e culturali ne hanno fatto una provincia spesso involontariamente poco conosciuta e relegata a figura comprimaria nella storia enologica italiana.
Piacenza è <<Terra di vini>> da epoche remote: hanno impiantato viti i paleoliguri, gli etruschi, i romani; hanno fatto il vino dalle nostre parti i legionari latini, i galli, i celti.
Cultura Greca Etrusca
Ma l’origine e la tradizione proviene ed è fondata sulle conoscenze greche: i viticoltori piacentini hanno sempre allevato la vite in forma bassa con le <<carasse>> (<<vinae characatae>> di Columella) sostenendo che <<è il palo che fa l’uva>>.
L’antica nobiltà dei vini piacentini è suffragata da tanti reperti e testimonianze uniche e inconfutabili.
E con l’età del ferro, al primo millennio a.C., che gli abitanti delle terre mare palafitticole vicino al Po emigrarono verso le colline piacentine, fondando l’importante centro culturale e termale di Veleja e impiantando le prime viti.
Tra il IV e il II sec. a.C. popolazioni galliche scesero in pianura padana (Gallia Cisalpina) e vi portarono le loro conoscenze vitivinicole, compreso un nuovo modo di conservare il vino e trasportarlo: la botte di legno assai più forte e robusta della terracotta.
Famoso nel mondo è il Fegato Etrusco: ritrovato nel 1877 a Settima di Gossolengo, datato II sec.
a.C., è un reperto bronzeo che riproduce l’organo anatomico di un bovino e presenta diverse iscrizioni fra cui quella del dio Fufluns, cioè un’ aruspice di abbondanza e di protezione, sia enoica che salutare.
Gli etruschi erano colti, di carattere mite, il vino nei banchetti, rappresentava un elemento di amicizia e di convivialità, di uso parco non smodato: l’etrusco Saserna, il più noto agricoltore in terra piacentina, nel II sec. a.C. racconta che alla sua tavola si beveva il <<Kilkevetra>>, il vino di bosco dell’Appennino piacentino.
Cultura Latina
Risalendo del buio di ere così remote, troviamo più vaste e più ricche documentazioni: i numerosi cocci di vasi vinari affiorati in Val Trebbia e in Val Nure, la preziosa patera trovata nel tardo ottocento sulle colline di Bicchignano; il bel vaso metallico decorato a sbalzo con tralci di vite e grappoli d’uva, dissepolto a Veleja nel 1760.
I vini piacentini dovevano essere già più che famosi ai tempi dei romani.
Basta sfogliare i classici latini per scoprire, per esempio, che dei nostri vini parlava perfino Cicerone quando nel Senato di Roma apostrofava il suo avversario e collega piacentino Pisone (padre di Calpurnia, moglie di Giulio Cesare) accusandolo di bere calici troppo grandi di vino di Piacenza. E’ sicuramente di questo periodo storico, nel massimo splendore dell’Impero Romano, la ricca forgiatura del primo grande bicchiere <<gutturnium>>.
Invece Licino Sestulo, che preferiva le lodi aperte alle frecciate polemiche, predicava nel Foro che <<vinum merum placentium laetificat>> cioè che il vino schietto di Piacenza aiuta a rasserenare lo spirito.
Vino dei Papi
Così come amavano i nostri vini per <<lo gusto, et la prelibatezza>> gli Sforza, il Piccinino ed il Colleoni.
Beveva vini piacentini anche papa Paolo III Farnese <<et anco ne mandava a pigliare - come scrive in una sua memoria il dispensiere pontificio Sante Lancerio - anco se fosse a Ferrara et a Bologna>>.
Tra un capolavoro e l’altro, si ristorava con i vini dei Colli Piacentini addirittura anche il grande Michelangelo, che li riceveva in botticelle (che poi il grande artista faceva travasare in fiaschi) dal piacentino Giovanni Durante, un faccendiere al quale Buonarroti aveva affidato la riscossione delle gabelle (circa 600 scudi d’oro all’anno) per i traghetti e l’uso del porto sul Po a Piacenza.
Il diritto a gabellare, Michelangelo lo aveva avuto da Papa Paolo III Farnese, finalmente nel 1535 come pagamento degli affreschi della Cappella Sistina.
Nella <<De Naturali Vinarum Historia>> di Andrea Bacci, edita esalta la qualità dei nostri vini, definendoli <<vina valida, synceriora ac multae laudis>>.
Vino dei Re
Il celebre generale piacentino conte Felice Gazzola li fece assaggiare a Carlo III di Spagna che gustandoli con soddisfazione esclamò:<<Sono vini eccellenti! Mai ne bevvi di migliori in vita mia>>.
Invece Filippo V quasi li esigeva dal suo primo ministro, il piacentino cardinale Giulio Alberoni, il quale li faceva giungere in Spagna in speciali fiasche, attraverso le valige diplomatiche in cui erano stipati anche il formaggio grana ed i prelibati salumi piacentini.
Antichi documenti e cronache del tempo dimostrano che nella seconda metà del ‘600 i vini piacentini erano esportati in Francia.
Vino di pregio
Nel 1987 l’Office Internationale de la Vigne et du Vin ha insignito Piacenza dell’ambito titolo di “Città Internazionale della Vite e del Vino”, un prestigioso blasone che riconosce l’alta qualità e la nobiltà dei nostri vini.
Il nome probabilmente deriva da Altrughe, Altrugo o Artrugo, nomi riportati nel bollettino ampelografico pubblicato nel 1875 e fa riferimento ad un vitigno coltivato nel circondario locale.
Il primo autore che cita esplicitamente l’attuale termine è stato il Toni, nel 1927, quando sottolineava “ l’Ortrugo è incluso fra i “ principalissimi “ vitigni “ bianchi da vino della Provincia di Piacenza.; in un successivo elenco dei vitigni coltivati in Emilia-Romagna formulato da Domenico Cavazza, il nome Ortrugo non compare: ciò fa presumere che per un certo numero di anni l’Ortrugo abbia “ceduto” il passo alle più blasonate uve rosse.

Consorzio di Tutela dei Vini Doc Colli Piacentini www.piace-doc.it

Vitigni - Grado alcolometrico minimo - Invecchiamento e qualifiche

Base ampelografica
I vini a denominazione di origine controllata "Ortrugo" devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti , in ambito aziendale, dalla varietà Ortrugo per almeno il 90 %;
possono concorrere le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatiche, idonee alla coltivazione in Emilia-Romagna, fino ad un massimo del 10%.

I vini a denominazione di origine controllata "Ortrugo" all'atto della immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

"Ortrugo”:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.

“Ortrugo” frizzante:
Spuma evanescente;
residuo zuccherino massimo 17 gr/lt
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.

“Ortrugo” spumante:
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;
spuma: persistente
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.

E' in facoltà del Ministero per le politiche agricole modificare con proprio decreto, per i vini di cui al presente disciplinare, i limiti minimi sopra indicati per la acidità totale e l'estratto non riduttore.

Caratteristiche organolettiche

I vini a denominazione di origine controllata "Ortrugo" all'atto della immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

"Ortrugo”:
colore: paglierino chiaro tendente al verdognolo;
odore : delicato, caratteristico;
sapore: secco o abboccato, retrogusto amarognolo, tranquillo.

“Ortrugo” frizzante:
colore: paglierino chiaro tendente al verdognolo;
odore : delicato, caratteristico;
sapore: fresco, fine, gradevole con retrogusto amarognolo.

“Ortrugo” spumante:
colore: paglierino chiaro tendente al verdognolo;
odore : delicato, caratteristico;
sapore: Brut o secco o abboccato, retrogusto amarognolo.

Abbinamenti e temperatura di servizio

Variano a seconda della tipologia di vino.

Zootecnia Cani e gatti Coltivazioni erbacee Fruttiferi Coltivazioni forestali Insetti Prodotti tipici Funghi Parchi ed aree protette
Copyright © www.agraria.org - Codice ISSN 1970-2620 - Webmaster: Marco Salvaterra - info@agraria.org - Privacy