Carciofo - Cynara cardunculus L. scolymus (L.) Hegi
Atlante delle coltivazioni erbacee - Piante da tubero e orticole

Famiglia: Compositae, sottofamiglia Tubiflorae
Specie: Cynara cardunculus L. scolymus (L.) Hegi

Francese: artichaut; Inglese: artichoke; Spagnolo: alcachofa; Tedesco: Artischocke.

Origine e diffusione

Il Carciofo è una pianta di origine mediterranea, molto nota fin dall'antichità per i pregi organolettici del capolino (le prime descrizioni risalgono allo storico greco Teofrasto). L'attuale nome volgare in molte lingue del mondo deriva dal neo-latino "articactus" (in alcuni dialetti settentrionali è chiamato articiocco); il nome italiano "carciofo" e lo spagnolo "alcachofa" derivano dall'arabo "harsciof".
La coltura del carciofo è diffusa in alcuni Paesi del Mediterraneo, in particolare soprattutto Italia, poi Francia e Spagna, mentre è poco conosciuto in molti altri Stati.
La maggior parte della produzione commerciale è destinata al consumo fresco, il resto all'industria conserviera e dei surgelati. La coltura del carciofo è diffusa soprattutto nell'Italia meridionale, dove con il risveglio anticipato della carciofaia in estate è possibile anticipare l'epoca delle raccolte all'inizio dell'autunno.

Capolini di Carciofo Capolini di Carciofo - Cynara cardunculus L. (foto www.agraria.org)

Caratteri botanici

Secondo la classificazione del Fiore al genere Cynara si attribuisce una unica specie il Cynara cardunculus L., che comprende tre varietà botaniche:
- Cynara cardunculus silvestris Lamb.: cardo selvatico, noto sotto il nome di caglio o carduccio, spontaneo nel bacino del Mediterraneo, che trova impiego nella preparazione del cosiddetto cagliofiore;
- Cynara cardunculus scolymus: carciofo coltivato;
- Cynara cardunculus altilis: cardo domestico.
Si ritiene che il carciofo ed il cardo domestico derivino entrambi da quello selvatico, in seguito ad un processo di selezione che ha favorito lo sviluppo dell'infiorescenza nel primo e della nervatura mediana delle foglie nel secondo.
Il carciofo è una pianta erbacea perenne, con formazione di rizoma, dalle cui gemme si sviluppano i getti detti carducci. Il fusto è eretto, ramificato all'epoca della fioritura, robusto, striato in senso longitudinale, fornito di foglie alterne (grandi, di colore verde più o meno intenso o talvolta grigiastre nella pagina superiore, più chiare e con presenza di peluria in quella inferiore; la spinosità delle foglie è una caratteristica varietale).
Il fusto (alto da 50 a 150 cm circa) e le ramificazioni portano in posizione terminale le infiorescenze.
I fiori azzurri ermafroditi tubolosi sono riuniti in una infiorescenza a capolino, detta anche calatide.
Il capolino comprende una parte basale (il ricettacolo carnoso), sul quale sono inseriti i fiori ermafroditi detti "flosculi"; inframmezzati ai fiori sono presenti sul talamo numerose setole bianche e traslucide (il "pappo"). Il complesso di fiori e setole, nei primi stadi di sviluppo, sono volgarmente indicati con il nome di "peluria". Sul ricettacolo si inseriscono le brattee o squame involucrali, a disposizione imbricate l'una sull'altra, le più interne tenere e carnose, le più esterne consistenti e fibrose. Il ricettacolo carnoso e le brattee interne costituiscono la porzione edule del carciofo, comunemente detto "cuore".
Il frutto è un achenio allungato e di sezione quadrangolare, di colore grigiastro bruno e screziato, unito al calice trasformato in pappo, per favorire la disseminazione. Il peso di mille acheni può oscillare tra 30 e 70 grammi.
La morfologia fiorale ed il meccanismo di antesi impediscono normalmente l'autoimpollinazione, per cui la fecondazione avviene per opera degli insetti.
La moltiplicazione del carciofo avviene per via gamica, utilizzando l'"ovolo", il "pollone" o "carduccio" o "porzione del ceppo".

Esigenze ambientali

Il carciofo richiede un clima mite e sufficientemente umido, per cui il suo ciclo normale è autunno-primaverile nelle condizioni climatiche del bacino mediterraneo; tende alla produzione primaverile-estiva nelle zone più fredde.. Il carciofo resiste abbastanza bene fino a temperature di 0°C. Temperature inferiori possono provocare danni più o meno gravi alle infiorescenze ed alle foglie; a temperature inferiori a -10°C possono essere compromesse anche le gemme del fusto rizomatoso.
Il carciofo risente anche della temperatura molto elevata, per cui la fase del riposo vegetativo capita tra la fine della primavera e l'estate.
Ha elevate esigenze idriche, in parte soddisfatte dalla piovosità dell'epoca di coltivazione; nella coltura precoce estiva è necessario intervenire con abbondanti apporti di acqua.
Il carciofo preferisce terreni profondi freschi, di medio impasto e di buona struttura, a reazione intorno alla neutralità, pur adattandosi a terreni di diverse caratteristiche.

Varietà

Le varietà che si coltivano in Italia possono essere classificate, in base alle caratteristiche agronomico-commerciali, in due grandi gruppi:
- varietà autunnali;
- varietà primaverili.
Al primo gruppo di varietà, dette anche rifiorenti, appartengono tipi la cui produzione si verifica a cavallo dell'inverno, con inizio ad ottobre-novembre, e, dopo una stasi invernale, continua in primavera fino a maggio. Queste varietà, in generale, sono caratterizzate da un capolino medio-piccolo, del peso di circa 150-200 g. Una parte consistente della seconda produzione, cioè quella che appare dopo l'inverno, viene destinata all'industria conserviera per la surgelazione e l'inscatolamento.
Le varietà del secondo gruppo sono coltivate nelle aree costiere dell'Italia centro-settentrionale e forniscono una produzione più o meno precoce che può durare da febbraio-marzo fino a maggio-giugno. Questi carciofi rappresentano una produzione molto pregiata, hanno un capolino molto più grande dei rifiorenti che si presta anche per l'esportazione. Le varietà primaverili si dividono in due grandi famiglie: i "Romaneschi" e i "Toscani".

Pianta di Carciofo Pianta di Carciofo - Cynara cardunculus L. (foto www.agraria.org)

Tecnica colturale

Il carciofo viene considerato una coltura da rinnovo e si avvale, al momento dell'impianto, di un’aratura profonda. E' una coltura poliennale: la durata di una carciofaia non è definibile a priori; se non intervengono fattori avversi essa può essere anche di 7-10 anni.
E' da considerarsi una coltura da rinnovo, a cui far seguire un cereale o, come nelle zone orticole, altri ortaggi. L'opportunità dell'avvicendamento è consigliabile per evitare gli inconvenienti della coltura ripetuta.
La preparazione del terreno viene effettuata in epoca diversa, in relazione alla modalità d'impianto della coltura, per ovuli o per carducci, all'inizio dell'estate o in autunno. Prima dell'impianto è necessaria una lavorazione profonda (40-50 cm), a cui seguono lavorazioni più superficiali con frangizolle ed erpice per preparare un perfetto letto di semina. La concimazione organica deve essere fatta in concomitanza della lavorazione profonda.
L'apporto di fertilizzanti è fondamentale per la produttività della carciofaia: una coltura di carciofo può asportare dal terreno circa 250-300 kg/ha di azoto, 350-400 kg/ha di potassa e 50-100 kg/ha di anidride fosforica.. Da ciò deriva la necessità di somministrare i fertilizzanti minerali in dosi elevate.
Generalmente, la concimazione fosfatica e quella potassica sono effettuate all'atto dell'impianto della carciofaia e negli anni successivi, al momento del risveglio. La concimazione azotata, in parte è distribuita insieme agli altri due elementi, in parte frazionata in un paio di volte in copertura durante il periodo di massimo accrescimento della vegetazione.

Impianto

Di solito si esegue nel periodo autunno-primaverile per "carducci", utilizzando il materiale proveniente dalla scarducciatura di altre carciofaie. I carducci sono germogli che crescono alla base della pianta e vengono distaccati con una porzione di radice. I carducci per i nuovi impianti devono essere ben sviluppati, con una lunghezza di 20-40 cm e provvisti di 4-5 foglie, la cui parte distale viene tagliata al momento dell'impianto. Nelle zone irrigue meridionali, dove si pratica il risveglio anticipato, è frequente l'impianto per "ovuli" in estate. Gli ovuli sono le gemme di grossezza diversa che si formano alla base del fusto interrato, da cui alla ripresa vegetativa hanno origine i carducci. Gli ovuli si distaccano dalla pianta madre in estate durante la fase di riposo. E' consigliabile sottoporre l'ovulo alla pregermogliaziano. Spesso, l'impianto estivo è fatto con ovoli, provenienti da carducci messi a vivaio nell'annata precedente, quindi già ben radicati e formati.
Il sesto d'impianto della carciofaia è variabile, sia in relazione alla durata della carciofaia, che allo sviluppo della varietà. La distanza media è di cm 100 x 100 o cm 120 x 120, in modo da ottenere un numero di piante all'ettaro intorno a 7-10 mila. Oggi si tende ad allargare la distanza tra le file (170-200 cm) e a diminuirla sulla fila (60-80 cm).

Interventi colturali

Nei primi stadi della ripresa vegetativa si eseguono diverse lavorazioni al terreno o per il controllo delle infestanti o per l'interramento dei fertilizzanti in modo da permettere un rapido accrescimento delle piante. Queste emettono un certo numero di carducci in buona parte da eliminare. La scarducciatura sarà più o meno intensa a secondo della varietà, della fertilità del terreno e della densità delle piante. A seconda delle condizioni colturali, vengono lasciati uo o due o tre carducci per pianta.
Il controllo delle infestanti è di fondamentale importanza. Tra le infestanti della carciofaia c'è una lunga serie di malerbe annuali, biennali e perenni. Tra queste un ruolo di rilievo spetta alle graminacee e all'acetosella (Oxalis spp.). Quest'ultima infestante ha un ciclo autunno-primaverile coincidente con quello della coltura
ed ha una notevole capacità di diffusione, essendo fornita di organi di moltiplicazione sotterranea (bulbilli) che vengono diffusi dagli organi rotanti delle macchine durante le lavorazioni. Prima dell'impianto si può intervenire con prodotti ad azione fogliare come glufosinate ammonio o gliphosate, in presenza di malerbe già note, aggiungendo un prodotto residuale quale il trifluralin, seguito da un leggero interramento, o pendimethalin, distribuito in superficie. Successivamente gli interventi vanno effettuati in pre-emergenza delle infestanti.

Irrigazione

E' uno degli interventi colturali più importanti ai fini dell'anticipo di produzione cel carciofo in autunno nelle aree meridionali. In relazione all'epoca del risveglio estivo e dell'andamento climatico, i fabbisogni idrici possono essere più o meno elevati, per cui dove la disponibilità idrica è carente, l'irrigazione viene ritardata verso la seconda metà del mese di agosto..
Frequenti irrigazioni, con un turno medio di 8-10 giorni sono necessari in estate ed, in qualche caso, alcuni interventi in autunno, qualora l'andamento climatico decorra siccitoso. Il metodo irriguo più diffuso è l'aspersione.

Raccolta e produzione

La raccolta dei capolini è scalare, ha inizio verso la prima decade di ottobre per la coltura precoce e termina in giugno con quella più tardiva. In relazione al tipo di coltura ed alla varietà, il numero delle raccolte può variare da un minimo di 3-4 ad un massimo di 15-20, tendendo presente che la lunghezza del ciclo produttivo può variare da un minimo di 20 giorni ad un massimo di 180-220 giorni. Il numero dei capolini per pianta oscilla da 4-5 a 14-15.
Nel complesso una carciofaia produce 50-100 mila capolini ad ettaro, pari ad una produzione in peso di 60-120 quintali ad ettaro.. La raccolta è effettuata a mano con taglio dei capolini con stelo lungo ed alcune foglie. per agevolare il trasporto della produzione fuori del campo si utilizzano rimorchi o carri-raccolta trainati, forniti di ali laterali.
La valutazione qualitativa dei capolini viene effettuata in base alla pezzatura, alla compattezza ed alle caratteristiche di freschezza e sanità. per il mercato fresco, molta importanza riveste la precocità di maturazione. Oltre al consuno fresco, il carciofo viene utilizzato dall'industria conserviera sia per la produzione di "carciofi al naturale", di "carciofini sott'olio" e di "carciofi surgelati".
E' un ortaggio dal buon valore alimentare ed adatto ad essere preparato in una infinità di modi culinari. Abbastanza ricco di ferro.
Il carciofo è ricco non solo di fibra, vitamine, sali minerali ed aminoacidi, ma anche di sostanze fenoliche che presentano proprietà benefiche per l'organismo. Ha inoltre una una forte capacità antiossidante.
Per uso alimentare vengono utilizzati anche i teneri carducci, i quali quando vengono sottoposti alla pratica della imbiancatura vanno sotto il nome di "gobbi".
Notevole è il sottoprodotto di foglie della carciofaia, che costituisce un ottimo alimento fresco per gli animali. Anche i residui della lavorazione industriale dei capolini hanno un impiego zootecnico, o vengono essiccate per preparare una farina di carciofo.
Le proprietà medicinali del carciofo ed il sapore amaricante degli estratti ne fanno una pianta di largo consumo nell'industria liquoristica e medicinale. In genere, per uso industriale, si utilizzano le piante a fine ciclo di produzione, in fase di essiccamento naturale.

Avversità e parassiti

Il carciofo pur essendo una pianta rustica è soggetta ad alcune avversità.
Tra le fitopatie l'atrofia del capolino riveste un ruolo importante, ma solo per le varietà tardive. La malformazione si presenta con capolini di dimensioni ridottissime o con capolini normali con brattee non completamente sviluppate e con margine superiore imbrunito. Diversi fattori concorrono al manifestarsi di questa fisiopatia: temperature superiori di 25° C nella fase di transizione dell'apice caulinare da vegetativo a riproduttivo, condizioni idriche, contenuto di sali solubili nel terreno ecc.
Dei danni da gelo abbiamo già accennato.
Il carciofo è una tra le specie sensibili ai diserbanti di tipo ormonico (2,4 D).
Il carciofo è dotato di ampia espansione fogliare e di fusti e gemme molto carnose, per cui è particolarmente soggetto agli attacchi di parassiti animali. Il più temuto parassita del carciofo è l'arvicola (topo campagnolo) la cui enorme diffusione limita fortemente la durata degli impianti.
Tra gli insetti che danneggiano i capolini, due specie di lepidotteri sono degne di particolare attenzione: la nottua del carciofo (Gortyna xanthenes Germ.) e la depressaria (Depressaria erinaceella Stg.).
Altri fitofagi ricorrenti sono gli afidi (Brachycaudus cardui, Aphis fabae, Myzus persicae ecc.) e la cassida (Cassida deflorata Suffr.).
Tra le malattie crittogamiche quella che interessa maggiormente il carciofo è rappresentata dai marciumi del colletto (Sclerotinia spp., Rhizoctonia spp.), presenti soprattutto nei terreni mal drenati.
L'oidio (Leveillula taurica) e la peronospora (Bremia lactucae) non sono molto diffuse e generalmente non creano problemi fitosanitari.

Sintesi da "Coltivazioni erbacee" - Remigio Baldoni, Luigi Giardini - Pàtron Editore

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