Anidride solforosa
Appunti di Enologia - Forme "chimiche", impiego e forme di utilizzo

L'anidride solforosa in Enologia

L'anidride solforosa è utilizzata in enologia - come già detto - per le sue contemporanee azioni antiossidanti e antisettiche. Nonostante questi positivi effetti sul vino, è bene ricordare che il suo impiego deve essere comunque limitato, sia per gli effetti negativi sulla salute, sia per motivi organolettici. Le quantità massime consentite in enologia sono stabilite da apposite leggi in vigore in ogni paese. Per quanto concerne l'Unione Europea, i limiti massimi consentiti sono di 160 mg/l per i vini rossi e di 210 mg/l per i vini bianchi e rosati. Sono previste delle deroghe che consentono agli stati membri di alzare questo valore per un massimo di 40 mg/l in annate sfavorevoli. Poiché l'anidride solforosa ha effetti tossici sull'organismo, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito la dose massima giornaliera in 0,7 mg/kg di peso corporeo, mentre la dose letale è definita in 1,5 g/kg di peso corporeo. A tale proposito, è opportuno ricordare che nei soggetti predisposti e sensibili all'anidride solforosa, questa può essere motivo di emicranie così come di altri disturbi. Va inoltre ricordato che un'opportuna ossigenazione prima del consumo - operazione che può anche essere svolta facendo roteare il calice - libera circa il 30-40% dell'anidride solforosa contenuta nel vino. In enologia, l'anidride solforosa è utilizzata sin dalle primissime fasi della produzione del vino, a partire dal mosto fino all'imbottigliamento. Nell'usare l'anidride solforosa, è opportuno sapere che una parte di questo gas si combina con alcuni componenti del mosto o del vino, mentre la restante parte resta libera, cioè non combinata. Sarà proprio la parte libera a svolgere gli importanti effetti antiossidanti e antisettici: per questo motivo è indispensabile che l'anidride solforosa si combini il meno possibile. L'anidride solforosa combinata è comunque utile, poiché nel caso in cui la frazione libera si disperde - durante le operazioni di travaso, per esempio - una piccola parte di quella combinata si libera sostituendola. Va comunque osservato che questo fenomeno è piuttosto limitato, pertanto è sempre indispensabile aggiungere anidride solforosa in tutti i casi in cui il vino viene a contatto con l'ossigeno, come nel caso di travasi, filtrazioni e imbottigliamento. La quantità di anidride solforosa libera sommata alla quantità combinata determina la quantità di anidride solforosa totale.

Anidride solforosa e vino (fonte: www.civiltadelbere.com)

Le forme "chimiche" della solforosa

L’anidride solforosa contenuta nel vino può essere presente sotto diverse forme, non tutte ugualmente interessanti dal punto di vista enologico. Con il termine di anidride solforosa libera si indicano le forme liberabili per acidificazione vale a dire:

  • H2SO3 o solforosa molecolare (frazione non dissociata);
  • HSO3 o ione bisolfito (frazione semidissociata);
  • SO3 o ione solfito (frazione completamente dissociata).

Invece, quando si parla di anidride solforosa combinata si indica quella parte di solforosa legata in modo più o meno stabile con alcuni composti del vino quali acetaldeide, zuccheri, acidi chetonici, acidi uronici, prodotti d’ossidazione degli zuccheri ed antociani. In funzione della stabilità del legame, viene effettuata un’ulteriore distinzione tra:

  • SO2 combinata, legata in modo permanente con l’acetaldeide;
  • SO2 deposito legata a composti con affinità media o debole e che può, dissociandosi per riscaldamento, originare SO2 libera.

Per finire, con il termine di solforosa totale si intende la somma delle due forme libera e combinata.

Anidride solforosaAnidride solforosa (fonte: www.my-personaltrainer.it)

Impiego

L'anidride solforosa è utilizzata prevalentemente nei seguenti casi:
nel mosto per i vini bianchi, con lo scopo di evitare l'avviamento della fermentazione alcolica, consentendo la decantazione delle parti solide;
prima dell'inizio della fermentazione alcolica, con lo scopo di selezionare i lieviti e, nel caso dei vini rossi, per favorire una migliore estrazione del colore e dei tannini dalle bucce;
in tutte le operazioni che prevedono il contatto del vino con l'aria, come travasi, chiarificazioni, filtrazioni e imbottigliamento, evitando quindi l'ossidazione e lo sviluppo di batteri o lieviti indesiderati.
Ai fini di un corretto impiego dalla SO2 nella stabilizzazione microbiologica del vino è quindi necessario conoscere:

  • la quantità di SO2 libera;
  • il pH del vino;
  • la temperatura del vino;
  • il grado alcolico;
  • la quantità di SO2 molecolare presente;
  • la quantità di SO2 molecolare “paralizzante” cioè necessaria per bloccare la crescita dei microrganismi presenti nel vino.

Poiché la conservazione del vino rappresenta sempre un fattore critico e gli effetti conservanti dell'anidride solforosa sono svolti dalla frazione libera, un vino correttamente conservato dovrà sempre avere una certa quantità della stessa.

Forme di utilizzo

L'impiego dell'anidride solforosa in enologia può essere effettuato in diverse forme. Una volta determinata la corretta dose, il metabisolfito di potassio può essere aggiunto direttamente al mosto o al vino, provvedendo a mescolare la massa con un bastone di lunghezza tale da consentire una certa distanza dal recipiente evitando così di respirare le esalazioni che si sviluppano durante l'operazione.
L’anidride solforosa può essere impiegata in enologia sotto diverse forme: in funzione del consumo annuale, della preparazione del personale di cantina e del momento d’impiego dell’anidride solforosa, una forma può essere preferibile alle altre.

Solforosa liquida
Si indica così l’anidride solforosa gassosa conservata in bombole alla pressione di –3 atmosfere e che, pertanto, a temperatura ambiente, si trova allo stato fisico di liquido. Può essere introdotta nel vino direttamente attraverso un tubo immerso almeno a metà altezza del serbatoio da trattare.

I vantaggi legati all’uso della solforosa liquida sono:

  • si tratta di un prodotto puro che non subisce alterazioni;
  • ha una resa in solforosa doppia rispetto al metabisolfito di potassio;
  • non apporta altre sostanze al vino e non ne aumenta le ceneri;
  • costa meno delle altre forme solfitanti.

Per contro gli svantaggi sono:

  • si tratta di un prodotto molto pericoloso da maneggiare che richiede manodopera addestrata all’uso;
  • la bombola più piccola contiene 58 kg di anidride solforosa;
  • la detenzione in cantina di quantitativi superiori ai 75 kg necessita di apposite autorizzazioni.

Soluzioni solfitanti
Si tratta di soluzioni acquose a base di bisolfito di potassio contenenti 150 g/l di SO2 (Solfosol A) oppure a base di bisolfito d’ammonio alle concentrazioni di 150 g/l di SO2 (Solfosol M), 400 g/l SO2 (Supersolfosol) o 630 g/l SO2 (Neosolfosol C). A differenza delle soluzioni solfitanti preparate in cantina per dissoluzione in acqua di anidride solforosa liquida o metabisolfito di potassio, prodotte a livello industriale, se opportunamente conservate in recipienti chiusi e locali non soggetti a forti sbalzi di temperatura, sono stabili per tempi piuttosto lunghi. Normalmente vengono utilizzate tal quali; ulteriori diluizioni si possono rendere necessarie solo nel caso in cui vengano utilizzate apparecchiature di dosaggio automatico.

I grossi vantaggi legati all’uso delle soluzioni solfitanti sono:

  • facilità di dosaggio: è sufficiente dotarsi di un recipiente graduato come un cilindro per misurare esattamente la quantità da addizionare al vino;
  • maggiore sicurezza per l’operatore: pur trattandosi sempre di prodotti pericolosi, il livello di rischio per chi li impiega è decisamente inferiore rispetto a quello della solforosa liquida.

Svantaggi: rispetto all’anidride solforosa liquida il costo per grammo di SO2è certamente superiore.

La soluzione a base di bisolfito di potassio può essere utilizzata in ogni fase dell’affinamento. Può essere dosata nel vino in un'unica soluzione, e in questo caso è necessario un rimontaggio d’omogeneizzazione della massa, oppure può essere introdotta in continuo mediante tubo Venturi o dosatori automatici. In questo secondo caso, se tutto il volume da trattare viene a contatto con la soluzione, il rimontaggio d’omogeneizzazione è superfluo.

Metabisolfito di potassio polvere
Nella produzione casalinga del vino è preferibile impiegare metabisolfito di potassio anche per la sua semplicità d'uso. Il metabisolfito di potassio è infatti venduto in forma di sali (unico sale solforoso consentito per uso enologico), si può facilmente pesare e può essere conservato per molto tempo in contenitori ermetici al riparo dalla luce. Il metabisolfito di potassio contiene il 55% di anidride solforosa, pertanto ogni grammo contiene 550mg di SO2. Poco solubile in acqua fredda ed insolubile in alcool, prima del suo impiego va completamente sciolto in acqua tiepida o vino. La soluzione così ottenuta è poco stabile e va subito introdotta nella massa, che dovrà essere successivamente agitata o rimontata per avere una distribuzione omogenea della solforosa.

Vantaggi del metabisolfito di potassio:

  • pur trattandosi sempre di un prodotto pericoloso, sono pochi i rischi per l’operatore;
  • costo contenuto, secondo solo all’anidride solforosa.

Svantaggi: necessità di pesare il prodotto.

Sono stati infine sviluppati dei prodotti a base di metabisolfito di potassio sia in pastiglie effervescenti che in granuli effervescenti.

Azioni e proprietà

  • Azione antisettica: inibisce lo sviluppo della flora microbica. L'efficacia antisettica di una determinata dose di solforosa risulta accresciuta se si riduce la popolazione microbica di partenza, ad esempio tramite filtrazione. Durante la conservazione dei vini, la solforosa inibisce lo sviluppo di tutti i microrganismi, evitando intorbidimenti dovuti alla presenza di lieviti o le rifermentazioni dei vini dolci. L'azione antisettica avviene a carico sia dei lieviti che dei batteri; i batteri sono tuttavia sensibili a dosi più basse rispetto ai lieviti e quindi a volte una fermentazione alcolica può avvenire e una malolattica no. La tolleranza alla solforosa da parte dei lieviti è maggiore nel mosto che nel vino, perché in quest'ultimo c'è un'alta concentrazione di alcol, anch'esso antisettico. Importante è inoltre l'azione selettiva svolta dall'anidride solforosa nei ceppi dei lieviti naturalmente presenti nel mosto. Ogni tipo di lievito risponde a delle caratteristiche proprie e si comporta in modo diverso durante la fermentazione. Con lo scopo di assicurare una migliore e più omogenea fermentazione, l'anidride solforosa risulta utile anche in questo caso. Alcuni lieviti e molti batteri sono particolarmente sensibili agli effetti dell'anidride solforosa che svolgerà quindi un'opportuna operazione di selezione.
  • Azione antiossidante: l'effetto antiossidante, su reazioni di natura chimica, si sfrutta lungo tutta la durata del processo, sia in vinificazione che in conservazione. In particolare, la SO2 preserva i vini da un'eccessiva ossidazione dei composti fenolici e di alcune sostanze aromatiche, delle sostanze coloranti, dei tannini, dell'alcol e del ferro. I rischi dell'ossidazione durante la produzione del vino sono piuttosto alti: sin dal momento in cui il grappolo è raccolto dalla vite e trasportato in cantina c'è sempre il pericolo di andare incontro ad ossidazioni. Inoltre, ogni volta che si compiono delle operazioni sul vino, la possibilità di contatti con l'ossigeno è sempre molto elevata, rischio che aumenta ulteriormente nel caso in cui il mosto o il vino è ricco di enzimi e muffe - come la Botrytis Cinerea - e metalli catalizzatori, come ferro e rame. Per questi motivi, l'impiego dell'anidride solforosa può limitare gli effetti dell'ossidazione, assicurando quindi una maggiore qualità e conservazione del vino. La SO2 svolge, inoltre, un'azione antiossidasica: protegge i mosti e i vini dalle ossidazioni di tipo enzimatico, inibendo istantaneamente gli enzimi ossidasici (tirosinasi, laccasi) e, se necessario, consentendone la successiva distruzione.
  • Azione solubilizzante: l'anidride solforosa svolge un effetto solvente favorendo l'estrazione di certe sostanze presenti nelle bucce dell'uva. Durante la macerazione delle bucce di uve rosse nel mosto, l'anidride solforosa favorisce il passaggio in soluzione delle sostanze coloranti e dei tannini. Per questo motivo è sempre preferibile evitare il solfitaggio delle uve bianche poiché questo porterebbe all'ingiallimento del mosto e all'arricchimento di tannini. Nei mosti di uve bianche, l'aggiunta di anidride solforosa è sempre effettuata dopo la separazione delle parti solide, cioè dopo la sgrondatura. Fra gli altri effetti solventi, l'anidride solforosa favorisce l'estrazione delle sostanze minerali e degli acidi.
  • Azione sulle caratteristiche organolettiche: l'anidride solforosa svolge anche un'azione positiva sul gusto e sugli aromi del vino. Dal punto di vista organolettico, evita l'ossidazione degli aromi, in particolare quelli fruttati tipici nei vini giovani, elimina il cosiddetto “gusto di svanito”, attenua i gusti di marcio e di muffa. Per ottenere questi effetti positivi, l'anidride solforosa deve essere aggiunta quando la fermentazione alcolica è terminata completamente. Qualora si aggiunga troppo presto rispetto alla fine della fermentazione, cioè quando la temperatura del vino è ancora troppo elevata, si possono sviluppare aromi e gusti sgradevoli di anidride solforosa, di mercaptano e di uova marce. L'anidride solforosa svolge infine una blanda azione chiarificante, poiché favorisce la coagulazione delle sostanze colloidali presenti nel vino e nel mosto, favorendo quindi la spontanea precipitazione delle fecce. L'anidride solforosa, aggiunta in quantità elevate nel mosto, è utilizzata per ottenere il cosiddetto “mosto muto”, cioè non fermentescibile, a causa del blocco dell'attività dei lieviti.

Nonostante gli effetti dell'anidride solforosa in enologia siano indispensabili e importanti, è comunque sempre opportuno limitare il suo uso e impiegare le dosi minori possibili, soprattutto per limitare gli effetti nella salute dei soggetti particolarmente sensibili a questo gas. In ogni caso, dopo l'aggiunta di anidride solforosa, è sempre opportuno mescolare il vino o il mosto in modo molto omogeneo, cercando di essere il più precisi possibile nella preparazione della dose: sempre e comunque il minimo indispensabile. Aggiunte eccessive di questo composto al vino possono comportare un accumulo di acetaldeide e una produzione di acido solfidrico e mercaptani, con conseguenti odori anomali.

Bibliografia
- Scotti B., Uso della solforosa in affinamento e nuove forme d'impiego, Vinidea.net – Rivista Internet Tecnica del vino, 2004, N .1/2

Sitografia
- www.diwinetaste.com
- www.winesitaly.it

Zootecnia Cani e gatti Coltivazioni erbacee Fruttiferi Coltivazioni forestali Insetti Prodotti tipici Funghi Parchi ed aree protette
Copyright © www.agraria.org - Codice ISSN 1970-2620 - Webmaster: Marco Salvaterra - info@agraria.org - Privacy