Amarene Brusche di Modena IGP
Atlante dei prodotti tipici - Prodotti DOP e IGP - Ortofrutticoli

Origini e zona di produzione

L'origine delle «Amarene brusche di Modena - Marene» è attestata da una storia plurisecolare. Nel modenese il ciliegioè tradizionalmente presente, di solito accorpato in pochi esemplari, presso i casolari di campagna. Di ciò è, tra gli altri, testimone fin dal 1820 il grande botanico Giorgio Gallesio.
Zona di produzione: è rappresentata esclusivamente dall'intero territorio amministrativo della provincia di Modena e dal territorio limitrofo della provincia di Bologna, limitatamente ai seguenti comuni: Anzola nell'Emilia, Bazzano, Castel d'Aiano, Castello di Serravalle, Crespellano, Crevalcore, Monte S. Pietro, Monteveglio, San Giovanni in Persiceto, Sant'Agata Bolognese, Savigno, Vergato.

Caratteristiche

La confettura “Amarene brusche di Modena” è il risultato di pratiche di trasformazione esclusivamente tradizionali, che sono quelle riconducibili alla metodologia della concentrazione per evaporazione termica del frutto. Al momento della trasformazione è prescritto che il prodotto sia maturo. Il requisito viene controllato attraverso un esame visivo dei frutti, i quali devono presentare una colorazione uniforme su almeno il 90% degli stessi. La lavorazione inizia con il privare i frutti dei noccioli e dei piccioli. L’operazione una volta veniva condotta a mano, mentre oggi si svolge utilizzando passatrici o denocciolatrici meccaniche.
Il succo e la frutta vengono quindi avviati al concentratore, dove si aggiunge zucchero saccarosio.

Amarene Brusche di Modena IGPAmarene Brusche di Modena IGP

Disciplinare di produzione - Amarene Brusche di Modena IGP

Articolo 1.
Denominazione
La denominazione di origine protetta «Amarene brusche di Modena - Marene» è riservata esclusivamente alla confettura che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.

Articolo 2.
Descrizione del prodotto
Materia prima.
La materia prima è costituita dai frutti di ciliegio acido, appartenenti a popolazioni di biotipi identificabili con i gruppi di amarene propriamente dette, oltre che di marasche, visciole e relativi incroci. Tali frutti devono
provenire da piantagioni composte in tutto o in parte, comunque in misura non inferiore al 70%, dalle seguenti varietà: Amarena di Castelvetro, Amarena di Vignola dal peduncolo corto, Amarena di Vignola dal peduncolo lungo, Amarena di Montagna, Amarena di Salvaterra, Marasca di Vigo, Meteor, Mountmorency, Pandy.
Caratteristiche del prodotto al consumo.
Al momento dell'immissione al consumo il prodotto deve avere le seguenti caratteristiche: materia prima come sopra descritta al punto 2.1 (frutta utilizzata minimo gr 150 per 100 gr di prodotto finito), zuccheri totali (58-68%). Non sono ammessi né coloranti, né conservanti, né addensanti. Caratteristiche chimico-fisiche: aspetto esteriore: consistenza morbida, caratteristico colore rosso bruno intenso con riflessi scuri; rifrazione a 20° C: 58-68 brix (con tolleranza +/- 2); pH: 3 (con tolleranza +/-0,5); acidità (espressa in acido citrico): " 3 (con tolleranza +/- 0,5). Caratteristiche organolettiche: sapore caratteristico della confettura di frutta in buon equilibrio fra il dolce e l'asprigno con sensazione di acidità.

Articolo 3.
Zona di produzione, condizionamento e trasformazione
La zona di produzione, condizionamento e trasformazione della confettura a denominazione di origine protetta «Amarene brusche di Modena - Marene» è rappresentata esclusivamente dall'intero territorio amministrativo della provincia di Modena e dal territorio limitrofo della provincia di Bologna, limitatamente ai seguenti comuni: Anzola nell'Emilia, Bazzano, Castel d'Aiano, Castello di Serravalle, Crespellano, Crevalcore, Monte S. Pietro, Monteveglio, San Giovanni in Persiceto, Sant'Agata Bolognese, Savigno, Vergato, come individuati dalla cartografia allegata.

Articolo 4.
Elementi che comprovano l'origine del prodotto
L'origine delle «Amarene brusche di Modena - Marene» è attestata da una storia plurisecolare. Nel modenese il ciliegioè tradizionalmente presente, di solito accorpato in pochi esemplari, presso i casolari di campagna. Di ciò è, tra gli altri, testimone fin dal 1820 il grande botanico Giorgio Gallesio (cfr. il manoscritto «I giornali dei viaggi» stampato a Firenze nel 1995). Il primo esperimento di coltivazione intensiva della pianta viene attuato nel 1882 da un avvocato, Luigi Mancini, nel suo podere «La Colombarina» presso Vignola (v. G. Silingardi «I pionieri dell'economia modenese» in Bollettino della CCIAA di Modena, 1963). La specifica vocazione del territorio favorì lo sviluppo della cerasicoltura su larga scala, sempre alla fine dell'800, come alternativa ai disastri provocati dalla fillossera della vite e dalla crisi della bachicoltura. I maggiori volumi di produzione non trovarono ostacoli ad una pronta collocazione sul mercato, sia in Italia che all'estero (v. Bollettini della CCIAA di Modena). In tale contesto, le ciliegie brusche ebbero subito particolare fortuna anche nella trasformazione, sulla base di una tradizione secolare che affonda salde radici fin nel Rinascimento (Nannini «La gastronomia alla corte di Modena nei secoli XVI e XVII» in Archivio comunale di Modena). Nel 1662 è attestata una ricetta di confettura di ciliegia acida nel libro «L'arte di ben cucinare et istruire» di Bartolomeo Stefani, ma anche nei secoli successivi non mancano preziose testimonianze di una attività profondamente legata al territorio. Ne sono la prova due manoscritti modenesi dell'800 – il primo costituito da quattro quaderni compilati da quattro generazioni di padrone di casa di estrazione borghese e pubblicato nel 1970 (Tripi «Centonovantadue ricette dell'800 padano») e il secondo redatto da Ferdinando Cavazzoni, credenziere di Casa Molza, e pubblicato nel 2001 (Ronzoni «Un libro di cucina modenese dell'ottocento») - che riportano modalità di preparazione della confettura molto vicine alla ricetta moderna. Su questi presupposti, il passaggio dalle case di abitazione ai laboratori artigiani e alle piccole e medie aziende non poteva
che essere breve. Gli stabilimenti privati, pur utilizzando tecnologie più avanzate, riuscirono tuttavia a mantenere sostanzialmente invariati i principi di base della produzione. Essi vennero avviati nel decennio 1915-25 e alcuni, tuttora in attività, rappresentano la continuità storica di una delle più tipiche tradizioni modenesi. L'origine del prodotto è garantita, inoltre, da un sistema di tracciabilità fondato sulla iscrizione dei produttori, dei condizionatori e dei trasformatori in un apposito elenco tenuto dall'organismo di controllo di cui all'art. 7.

Articolo 5.
Metodo di ottenimento
Metodo di coltivazione, raccolta e stoccaggio.
Le condizioni ambientali e di coltura dei frutteti destinati alla produzione della confettura a denominazione di origine protetta «Amarene brusche di Modena - Marene» devono essere quelle tradizionali della zona e
comunque atte a conferire al prodotto le specifiche caratteristiche. I sesti di impianto, le forme di allevamento e i sistemi di potatura devono essere quelli di norma usati nella zona di produzione, e cioè tali da garantire
una illuminazione e arieggiamento dell'intera chioma dell'albero. In particolare, la distanza lungo la fila e quella tra le file non devono essere inferiori ai quattro metri, mentre le forme di allevamento devono essere a vaso o a fusetto, e loro varianti anche irregolari. La coltivazione non richiede interventi particolari sotto il profilo della concimazione e della difesa fitosanitaria. È praticato l'inerbimento naturale nell'interfilare mentre sulla fila si opera con il diserbo chimico o pacciamatura per evitare danneggiamenti alle piante che hanno spiccata attitudine ai polloni. È consentita l'irrigazione di soccorso. È vietata, comunque, ogni pratica di forzatura. La raccolta viene effettuata nel periodo compreso dal 20 maggio al 31 luglio. Per evitare la possibilità di danneggiamento parziale dei frutti, qualora il prodotto sia raccolto meccanicamente, la consegna all'impianto di trasformazione deve essere effettuata entro ventiquattro ore dalla raccolta. Al fine di mantenere le caratteristiche qualitative dei frutti ed evitare l'insorgere di fermentazioni è necessario tenere sotto controllo la temperatura mediante processo di raffreddamento esterno da avviarsi entro due ore dalla raccolta. Il raffreddamento può avvenire attraverso la semplice immersione nei«bins» di acqua e di ghiaccio ovvero di sola acqua avente una temperatura non superiore ai 15°C, come pure attraverso l'utilizzo di stazioni mobili di raffreddamento o di celle frigorifere presso i centri di raccolta che assicurino
una temperatura variabile tra i 5° e i 15°C.
Metodo di lavorazione.
Nella preparazione ed elaborazione della confettura a denominazione protetta «Amarene brusche di Modena - Marene», al fine di conferire al prodotto le sue peculiari caratteristiche, sono ammesse soltanto le pratiche di trasformazione tradizionali, riconducibili alla metodologia della concentrazione per evaporazione termica del frutto.
Al momento della trasformazione il prodotto deve essere maturo, deve cioè presentare una colorazione uniforme su almeno il 90% dei frutti. La lavorazione inizia con l'inserimento dei frutti in una passatrice o denocciolatrice, dove questi vengono denocciolati e privati dei piccioli. Succo e frutta vengono quindi avviati al concentratore, dove si aggiunge zucchero saccarosio in percentuale non superiore al 35% in peso del prodotto e dove si predispone e si mantiene per almeno 30 minuti una temperatura compresa fra 60° e 80°C allo scopo di sciogliere lo zucchero. Non è ammessa l'aggiunta di zuccheri diversi dal saccarosio. È consentito l'utilizzo di acido citrico come correttore di acidità. La concentrazione per evaporazione può avvenire, oltre che con il metodo classico del fuoco diretto a vaso aperto, anche sottovuoto. Questo secondo metodo è basato su di una depressione interna al concentratore e quindi su di una bollitura a temperatura inferiore (tra i 60° e i 70°C), cosa che permette una riduzione dei tempi di lavorazione.
Confezionamento.
Al fine di salvaguardare la qualità del prodotto e garantirne il controllo e la tracciabilità, il confezionamento deve avvenire nella zona di produzione, condizionamento e trasformazione indicate all'art. 3.
Il prodotto viene confezionato e posto in commercio in idonei contenitori di vetro o di banda stagnata aventi le seguenti capacità: 15 ml, 41 ml, 212 ml, 228 ml, 236 ml, 314 ml, 370 ml, 720 ml, 2650 ml, 5000 ml.

Articolo 6.
Elementi che comprovano il legame con l'ambiente
Gli elementi che comprovano il legame con l'ambiente sono rappresentati da: il clima tendenzialmente subumido che caratterizza la zona di produzione e che, secondo la letteratura scientifica (V.M. Longstroth e R.L. Perry), per talune sue caratteristiche - come la distribuzione costante delle precipitazioni, con moderata eccedenza nel periodo invernale e moderata deficienza nel periodo estivo, e la temperatura, con periodi invernali non eccessivamente rigidi e periodi estivi mediamente temperati - influisce positivamente sulla coltivazione della pianta; i fattori pedologici, consistenti nella diffusa presenza di suoli ben strutturati con discreta porosità e permeabilità e con una sostanziale conformazione di tipo franco limoso, che risultano particolarmente adatti alla coltivazione della pianta (V. Provincia di Modena «Indagine sui suoli», 1963); i fattori sociali evidenziati dall'usanza, attestata dal Gallesio fin dai primi anni dell'800, di contornare i casolari di campagna di quattro o cinque piante di amarene allo scopo di fare sciroppi, conserve, confetture, budini e torte, nonché dalla esistenza di una consolidata tradizione di attività di preparazione del prodotto a livello famigliare; i fattori economici rilevabili dalla diffusione sul territorio, a partire dagli inizi del secolo scorso, di numerose aziende di produzione, di centri di raccolta e frigoconservazione, nonché di laboratori artigianali e di piccole e medie aziende di trasformazione; i fattori produttivi evidenziati dalla persistenza nel territorio lungo i secoli di un sistema di produzione della confettura basato, pur nella inevitabile evoluzione tecnologica, sulla concentrazione per evaporazione termica del frutto; i fattori umani consistenti nella persistenza nel tempo di quel particolare «saper fare», che è legato alla necessità della rapida trasformazione di un frutto di ridotta conservabilità e che ha dato vita a un prodotto rinomato e apprezzato principalmente per la naturalità del processo
produttivo, senza l'impiego di addensanti coloranti o conservanti, e l'alto contenuto di frutta rispetto allo zucchero immesso; i fattori gastronomici, quali le numerose ricette che nel tempo testimoniano l'utilizzo del prodotto nella preparazione di dolci tipici del territorio sia a livello famigliare che artigianale, dalle più antiche - contenute in particolare ne «L'arte di ben cucinare et istruire» di Bartolomeo Stefani del 1662, nel manoscritto noto come«Centonovantadue ricette dell'800 padano» del 1860 e nel ricettario di Ferdinando Cavazzoni, credenziere di Casa Molza, pure del 1860 - fino alle più recenti, nelle quali si suggerisce l'impiego della confettura specialmente per fare crostate casalinghe.

Articolo 7.
Controlli
Il controllo sulla conformità del prodotto al disciplinare è svolto conformemente a quanto stabilito dall'art. 10 del regolamento CEE 2081/1992.

Articolo 8.
Etichettatura
La confezione reca obbligatoriamente in etichetta a caratteri di stampa chiari e leggibili, oltre al simbolo grafico comunitario e relativa menzione (in conformità alle prescrizioni del regolamento CE 1726/1998 e successive modificazioni) e alle informazioni corrispondenti ai requisiti di legge, le seguenti ulteriori indicazioni:
«Amarene brusche di Modena - Marene» seguita, per esteso o in sigla (DOP), dalla espressione traducibile denominazione di origine protetta; il nome, la ragione sociale, l'indirizzo dell'azienda produttrice e confezionatrice;
il logo del prodotto, consistente come da riproduzione sotto riportata, in una figura formata da una A graziata in carattere tipografico times e in colore verde scuro (pantone n. 363) nella quale la lineetta mediana è sostituita da una amarena in colore rosso (pantone n. 1788) con gambo e foglia. Il gambo del frutto è nella sua lunghezza in colore verde chiaro (pantone n. 382) e all'apice in colore rosso (pantone n. 1788), mentre la foglia, che si confonde parzialmente con la lettera A, è in colore verde scuro nella parte superiore (pantone n. 363) e in colore verde chiaro nella parte inferiore (pantone n. 382). La figura è inscritta in un quadrato di mm 74x 74. Nello spazio sottostanteè riprodotta la scritta in colore nero AMARENE BRUSCHE DI MODENA - MARENE D.O.P. riportata in carattere tipografico novarese medium in tre righe occupanti uno spazio misurato in linea orizzontale rispettivamente di mm. 106, 61, 30 e di altezza mm 7, fra loro distanziate di mm 4. Si omette logo.
Il logo si potrà adattare proporzionalmente alle varie declinazioni di utilizzo.
È vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressamente prevista.
È tuttavia consentito l'utilizzo di indicazioni che facciano riferimento a marchi privati, purché questi non abbiano significato laudativo o siano tali da trarre in inganno il consumatore, nonché l'indicazione del nome dell'azienda coltivatrice.
Il produttore ha facoltà di indicare in etichetta i riferimenti alla varietà della pianta da cui proviene il frutto, l'annata di produzione, nonché il metodo di trasformazione impiegato. La designazione «Amarene brusche di Modena - Marene» è intraducibile.

Articolo 9.
Utilizzo della denominazione di origine protetta per i prodotti derivati I prodotti per la cui preparazione è utilizzata la D.O.P. «Amarene brusche di Modena - Marene», anche a seguito di processi di elaborazione e trasformazione, possono essere immessi al consumo in confezioni recanti il riferimento alla detta denominazione senza l'apposizione del logo comunitario, a condizione che: il prodotto a denominazione protetta, certificato come tale, costituisca il componente esclusivo della categoria merceologica di appartenenza; gli utilizzatori del prodotto a denominazione protetta siano autorizzati dai titolari del diritto di proprietà intellettuale
conferito dalla registrazione della D.O.P. riuniti in Consorzio incaricato alla tutela dal Ministero delle politiche agricole e forestali. Lo stesso Consorzio incaricato provvederà anche ad iscriverli in appositi registri ed a vigilare sul corretto uso della denominazione protetta. In assenza di un Consorzio di tutela incaricato le predette funzioni saranno svolte dal Ministero delle politiche agricole e forestali in quanto autorità nazionale preposta all'attuazione del regolamento CEE 2081/1992. L'utilizzazione non esclusiva della denominazione protetta consente soltanto il suo riferimento, secondo la normativa vigente, tra gli ingredienti del prodotto che lo contiene o in cui è trasformato o elaborato.

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