Vivai forestali e impianto del bosco
Selvicoltura

Nelle piante propagate per via agamica l’accrescimento è assai più rapido che nelle piante ottenute da seme.

Vivai forestali
Anche per le piante forestali, come per i fruttiferi, il vivaio è costituito da due parti: semenzaio e piantonaio.
Il semenzaio è quella parte del vivaio in cui avviene la semina. Dev’essere preparato in posizione riparata dai venti, esposizione a sud o sud-ovest, terreno preferibilmente sciolto e fresco. Dopo 1 o 2 anni le piantine sono trapiantate nel piantonaio. All’età di 3-5 anni sono pronte per il collocamento a dimora. A volte possono anche essere collocate direttamente a dimora le piantine provenienti dal semenzaio. Si dà il nome di postime alle piante che si collocano a dimora. Esse sono chiamate: semenzali, se provengono direttamente dal semenzaio; di trapianto, se provengono dal piantonaio. Prendono il nome di novellame le piante nate nei boschi per disseminazione naturale; le piante del novellame utilizzata per il trapianto a dimora (previa o meno la messa in piantonaio) sono chiamate selvaggioni.
Le piante devono essere tolte dal terreno con un buon pane di terra attorno alle radici. Oggi, anche per l’impianto dei boschi, si va diffondendo l’uso delle fitocelle: cilindri o sacchetti di plastica (polietilene nero), provvisti di numerosi fori laterali, nei quali, dopo averli riempiti di terra, si trapiantano le piantine provenienti dal semenzaio o, più spesso, si esegue direttamente in essi la semina. Quando le piantine sono pronte per il collocamento a dimora si interra l’intera fitocella, evitando così alle piantine di essere estratte dal terreno. Le radici fuoriescono dai buchi esistenti nelle pareti delle fitocelle che, in seguito, si lacerano completamente.

Impianto del bosco
Dove il bosco non esiste o perché non c’è mai stato o perché la fustaia preesistente è stata utilizzata col taglio raso, si deve procedere ad un nuovo impianto.
Una volta scelta la specie da impiantare (che deve essere adatta alle condizioni di suolo e di clima che offre la località), l’impianto del bosco può essere fatto in due modi: con la semina o con la piantagione. Solo con poche specie (in particolare il pino domestico) e in favorevoli condizioni la semina può essere adottata con buone probabilità di successo; la piantagione, che garantisce un risultato migliore e più sicuro, è di solito preferita. Per la piantagione si adoperano per lo più piantine allevate in vivaio per 1-3 anni e messe a dimora possibilmente col pane di terra impiegando le fitocelle oppure a radici nude.

Preparazione del terreno
L’impianto del bosco è condizionato all’esecuzione di alcune operazioni indispensabili: rimozione della vegetazione esistente (tramite decespugliatori), rimozione di ostacoli (massi, ceppaie, ecc.), lavorazione del terreno (con aratri o scarificatori). Anziché totale la lavorazione del suolo (per i gravi pericoli di erosione a cui sarebbe sottoposto il suolo) può essere parziale eseguita con le seguenti modalità: a strisce (strisce di varia larghezza lavorate con aratri o scarificatori), a piazzette (piccole aree quadrate o rettangolari), a gradoni (piccole terrazze seguenti le curve di livello con contropendenza a monte), a piazzole (sono segmenti di gradone) oppure, quasi sempre, a buche o formelle (buche cubiche o cilindriche di 30-40 cm di lato o di diametro e altrettanto profonde). Nel collocamento a dimora (scasso a buche) si procede come segue: si getta terra nella buca dello scasso fino a circa metà della buca stessa (previa concimazione organica sul fondo qualora sia possibile); nella buca, semiriempita di terra, si colloca la piantina, in modo che la zona del colletto risulti al livello del terreno e le radici siano bene adagiate sul fondo; si riempie la buca con la terra residua; si costipa leggermente la terra smossa a fianco della piantina.
La piantagione si fa con un numero di piante molto elevato (da 2.000 fino a 10.000 piante per ettaro, secondo la natura del suolo, il vigore dei soggetti e la specie), assai superiore al numero di piante che costituiranno il popolamento definitivo del bosco. Infatti è della massima importanza per la più rapida e regolare crescita degli alberi, che questi nella fase giovanile siano molto fitti, in modo che sia favorito l’allungamento in altezza, la forma diritta e slanciata e la precoce caduta dei rami più bassi (così da non avere grossi nodi sul tronco).

Cure colturali ai rimboschimenti
Il bosco dopo l’impianto deve essere curato con diligenza e tempestività per favorire il migliore sviluppo delle giovani e delicate piantine. Le cure tendono a due scopi principali:

  • Migliorare le condizioni di vita e stimolare lo sviluppo delle piante: ciò si ottiene in special modo con la lotta alle erbe infestanti o agli arbusti infestanti (sarchiature, ripuliture, diserbo), importante nei primi anni dopo l’impianto;
  • Assicurare la giusta densità delle piante: a questo scopo si fanno i risarcimenti (sostituzione di piante mancanti), gli sfollamenti (eliminazione delle piante giovani che risultano in eccesso rispetto alla densità voluta), i diradamenti, fatti gradualmente e oculatamente in modo che nella fase maturità il numero delle piante sia ridotto a quello definitivo (in genere 800-1200 per ettaro nelle fustaie di resinose).

È necessario poi che il rimboschimento sia difeso dal pascolo. Danni consistenti ai giovani rimboschimenti possono essere provocati anche da animali selvatici come caprioli, daini e cinghiali.

Produzioni legnose

Il legno viene in genere misurato e commercializzato a volume. Il peso dell’unità di volume (in kg/dm3) è il peso specifico. Apposite tavole danno il peso specifico dei vari tipi di legno sia allo stato fresco (con umidità di circa il 100-120% del peso secco) sia allo stato secco, all’umidità standard del 12% (sempre sul peso secco).

  • Pino da pinoli (Pinus pinea)

I prodotti sono i pinoli (12-14 q.li/ha di pinoli in guscio equivalenti a 1,6-2 q.li/ha di pinoli sgusciati) e il legname; questo è poco pregiato: combustibile o impieghi grossolani (puntoni di miniera, ecc.).

  • Pino marittimo (Pinus pinaster)

Il legname è discreto, la resina è ottima.

  • Cipresso comune (Cupressus sempervirens)

Il legname è pregiato, duraturo, di bell’aspetto, usato per fabbricare serramenti, mobili, travi, ecc.

  • Leccio (Quercus ilex)

Produce legname, ghiande e corteccia ricca di tannino; il legname duro e pesante è poco apprezzato per opera in quanto tende a spaccarsi.

  • Sughera (Quercus suber)

Produce ghiande, ottima legna da ardere e, principalmente, sughero. Il sughero si estrae ogni 9-12 anni, quando la pianta, in succhio, si scorteccia con facilità, ricavando in media 8-10 q.li/ha di sughero.

  • Noce (Juglans regia)

Ha costituito e tuttora costituisce un importante supporto alimentare per i suoi frutti eduli ricchi di olio e di zuccheri, impiegati anche nell’idustria cosmetica e farmaceutica. Inoltre il legname è uno tra i più noti e pregiati per mobilia, grazie alla sua grana fine, al colorito bruno-rosato, alla facilità di lavorazione e, nello stesso tempo, alla compattezza e alla resistenza al degrado.

  • Castagno (Castanea sativa)

Può formare cedui da legname e fustaie da frutto. La produzione media nei castagneti da frutto è di circa 10 q.li/ha di castagne. Il legname è ricercato per lavori da bottaio, seggiole e piccole industrie; è scadente come combustibile (troppo ricco di tannino).

  • Rovere (Quercus petraea)

Fornisce uno dei legni più pregiati, impiegato per costruzioni navali, pavimentazioni, mobilia, opere d’intaglio e per botti d’invecchiamento dei liquori. Ottimo come combustibile.

  • Roverella (Quercus pubescens)

Il miglior uso è quello per traverse ferroviarie. Ottimo come combustibile.

  • Cerro (Quercus cerris)

Viene usato soprattutto come combustibile.

  • Betulla (Betula pendula)

Legno elastico un tempo usato per la fabbricazione degli sci. Ottimo combustibile. La scorza viene usata in dall’industria conciaria e farmaceutica, le foglie per l’estrazione di un principio giallo utilizzato in tintoria. Nei Paesi nordici la linfa, ricca di zuccheri, viene fatta fermentare per la produzione di aceto e bevande alcoliche.

  • Faggio (Fagus sylavatica)

I cedui forniscono esclusivamente legna da carbone e da ardere. Le fustaie forniscono legname da mobilio.

  • Abete bianco (Abies alba)

Fornisce un legname che, sebbene di qualità inferiore a quello dell’abete rosso, trova molteplici impieghi in falegnameria (il tavolame è meno pregiato a causa dei numerosi nodi) e nell’industria cartaria.

  • Pino nero (Pinus nigra)

Specie straordinariamente frugale. Il legno è usato per tavolame, puntoni da miniera, ecc.

  • Pino silvestre (Pinus sylvestris)

Specie resinifera un tempo coltivata per la produzione della trementina naturale, ha oggi un’importanza quasi esclusivamente forestale. Solo il pino silvestre dell’Europa settentrionale (pino di Svezia) fornisce un legno pregiato

  • Abete rosso (Picea excelsa)

Il legno è eccellente: di grana regolare, facilmente lavorabile, poco nodoso, ha molti impieghi soprattutto per tavolame, travature, mobilio, nonché pasta da carta e da cellulosa (grazie al basso contenuto di resina).

  • Larice (Larix decidua)

Noto fin dall’antichità per la durata e la robustezza. Per la facile lavorazione, il suo colore caldo, rossiccio, è apprezzato nei lavori di falegnameria, soprattutto da esterno. Come molte altre conifere, dalla resina si estrae la trementina (trementina di Venezia).

  • Pino cembro (Pinus cembra)

Tenero e di facile lavorazione, oltre che per mobili, è apprezzato per lavori intarsio e sculture.

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